di Clemente Uultimo
Raccontare lo sbarco degli alleati del settembre ’43 attraverso le fotografie, ma con un dettaglio non proprio secondario: affiancare agli scatti di ottant’anni fa quelli di oggi, trasportando eventi ormai lontani nel tempo nella quotidianità di quanti, spesso inconsapevolmente, si trovano a vivere o attraversare quotidianamente spazi testimoni della “grande storia”. Ovvero di quegli eventi che, nel bene o nel male, rappresentano dei punti di passaggio cruciali di vicende politiche e militari destinate a caratterizzare profondamente i decenni successivi. Come è stato per l’operazione “Avalanche”, lo sbarco anglo-americano del settembre del 1943 sulle coste del Salernitano.
A scegliere di puntare sul gioco incrociato di passato e presente è Pasquale Capozzolo, autore di “Operation Avalanche 1943 – 2023 Then and Now” (Edizioni Magna Grecia, pag. 270, 18 euro), già autore di una guida ai luoghi dello sbarco angloamericano e presidente dell’associazione “Avalanche 1943”, sodalizio impegnato nella ricerca e nella valorizzazione delle tracce e delle testimonianze della battaglia che infuriò a Salerno ed in buona parte della provincia nel settembre di ottanta anni fa. Legata a modelli consolidati nella pubblicistica storico-militare anglosassone, la scelta di Capozzolo ha uno scopo preciso, come tiene a sottolineare lo stesso autore.
«Nel corso degli anni in più occasioni mi sono reso conto che parlare dello sbarco alleato è più facile nel momento in cui l’interlocutore riconosce i posti teatro degli avvenimenti, soprattutto se chi ti ascolta è un semplice curioso o una persona che, inconsapevolmente, abita in uno dei posti interessati dalle operazioni belliche del ’43. Con questo tipo di pubblicazioni si fa un po’ il contrario di quanto avviene in occasione di uno scavo archeologico: in quel caso si cerca di immaginare com’era il sito di cui si rinvengono i resti, grazie al confronto tra le fotografie di allora e di oggi possiamo vedere come sono cambiati gli spazi nel corso dei decenni».
Quanto tempo ha richiesto il lavoro di individuazione dei siti e mettere insieme la relativa documentazione fotografica?
«Ci sono voluti circa dieci anni per mappare il territorio, mentre le fotografie sono state raccolte negli ultimi due anni. In realtà quest’ultimo è stato un lavoro in continuo divenire, in qualche caso sono stato costretto a ritornare su luoghi già fotografati a causa della veloce trasformazione del nostro territorio. Credo, però, che ne sia valsa la pena: contestualizzare gli eventi aiuta a stimolare la curiosità, aumenta l’interesse per l’evento storico, magari aiuta a preservare pezzi di memoria che rischiano di svanire. Quel che è importante sottolineare è che le fotografie ci mostrano solo un momento, fissano un istante; sono un elemento prezioso, ma non sufficiente per ricostruire l’evoluzione delle vicende storiche».
C’è qualche scatto particolarmente curioso o intrigante tra quelli che ha raccolto?
«Nel libro ci sono fotografie scattate a distanza di solo un giorno che mostrano però una realtà completamente differente, ovvero le stesse posizioni prima occupate dalle truppe tedesche che una manciata di ore più tardi sono controllare da quelle anglo-americane. Non mancano, poi, posti ormai difficilmente riconoscibili perché profondamente modificati nel corso degli anni. Proprio per questo credo sia importante utilizzare e valorizzare la fotografia come mezzo per raccontare lo sbarco del ’43, sulla scia di quanto fatto da Angelo Pesce, un vero pioniere in questo campo. Molte delle foto contenute in questa pubblicazione provengono dal suo archivio, la stessa copertina vuole essere un omaggio a lui ed al lavoro che ha svolto per anni con certosina cura».
Esiste in città una memoria collettiva dello sbarco o ormai l’operazione “Avalanche” è un evento che si perde in un tempo lontano?
«C’è a Salerno una memoria collettiva che, tuttavia, si sta perdendo. Non mancano, in archivi pubblici e privati, diari e testimonianze, ma ormai una generazione è al tramonto e con essa svanisce il ricordo diretto di quegli eventi. C’è ancora un grande sforzo da fare per raccogliere queste memorie e tramandarle, fornendo agli studiosi materiale che potrà essere valutato insieme ed attraverso altri tipi di fonti storiche. Purtroppo in città in molti addirittura ignorano che vi sia stato lo sbarco alleato nel settembre 1943, a dispetto delle numerose tracce ancora ben presenti. Proprio per questo motivo è necessario far scoccare delle scintille che possano accendere l’interesse anche di quanti, solitamente, non si interessano di storia».