Di Olga Chieffi
Le solenni celebrazioni del 21 settembre saluteranno una serata di vigilia in musica, al teatro Verdi, con la prima assoluta dell’Oratorio per Soli, Coro, Orchestra “Matteo, Apostolo di Cristo”, composto da Marco Frisina. Se accostiamo Matteo alla Musica ci balena dinanzi la partitura dell’opera bachiana, una lectio divina in musica che costituisce il risultato più maturo della riforma luterana attuata sul piano musicale: la centralità della Parola e della meditazione – a portata di chiunque, non prerogativa esclusiva degli ecclesiastici – e l’utilizzo dei corali come forma di partecipazione dell’assemblea tutta dei fedeli, che nella concezione luterana dovevano essere parte attiva nelle funzioni, e non relegati ad ascoltare, come in un “concerto” di cui capivano ben poco (i riti cattolici rimanevano in latino, lingua sempre più sconosciuta al popolo), tenuto da musici professionisti, separati, anche nella disposizione spaziale delle chiese, dall’assemblea e dai celebranti. Musica non facile quella di Bach, che oggi ascoltiamo come concerto e nella stessa forma udremo l’opera di Marco Frisina che si fa mediatore con linguaggio musicale adatto all’uomo contemporaneo tra il divino e l’umano, guardando certamente a modelli e autori che nei secoli l’hanno preceduto, dalla semplicità del Gregoriano, al Rinascimento, al alla lezione bachiana e mendelssohniana, ma lasciando una pagina leggibile, chiara, non lontana dall’ estetica di Ennio Morricone, che soleva ripetere “se nella partitura vedi una vigna non è bene”, sottolineando che la musica deve essere semplice e deve respirare, lasciando trasparire ogni nota. L’Oratorio, articolato in sei quadri, tratteggia la vita dell’apostolo Matteo, patrono della Diocesi di Salerno. Il “Seguimi” è l’elemento centrale da cui tutto ha avuto inizio: l’invito alla conversione e l’incipit di un cammino che può essere vissuto solo con la sequela alla scuola dell’unico Maestro.
Il secondo quadro offre uno sguardo generale sulla vita dell’Apostolo di Cristo, nelle diverse sfumature attraverso un inno che ricalca la chiamata, la misericordia, l’annuncio evangelico, il martirio. Il terzo quadro annuncia la necessaria libertà del cuore che Matteo è chiamato a maturare: dov’è il nostro tesoro, lì sarà il nostro cuore. Il cristiano è chiamato a puntare “alle cose di lassù”. Il quarto quadro delinea il volto misericordioso di Cristo che si siede a tavola con pubblicani e peccatori: la parabola del fariseo e del pubblicano in preghiera segna la strada dell’umiltà che diventa il grembo della misericordia. Il Salmo 86 è la dolce richiesta del perdono di Dio.Il quinto quadro inserisce Matteo nel gruppo dei dodici apostoli e annuncia la bellezza della missione evangelizzatrice che Gesù gli affida. Il sesto e ultimo quadro ci porta in Etiopia, l’ultimo atto della vita di Matteo: il dono totale della vita. L’apostolo è prezioso agli occhi del Signore nel dono della sua vita. L’esecuzione vedrà sul podio il compositore alla testa dell’Orchestra Filarmonica Campana, con il coro della Diocesi e i solisti Francesco Napoletano, nelle vesti di Cristo, Francesco Cuccia, in quelle di Matteo, Lorenzo Savino sarà il pubblicano e Carmine Rosolia il Fariseo. Il testo è opera di Emanuele Andaloro, che si è rimesso in primis al Vangelo di Matteo, perfetto, reale, vero. La musica avrà il compito di far dialogare solisti e masse corali e orchestrali, divenendo proiezione sonora dei sentimenti dei quattro personaggi che diverranno i nostri. “Non sarebbe la musica una lingua perduta? – scrive nella sua estetica il D’Azeglio – Una lingua della quale abbiamo dimenticato il senso e serbata soltanto l’armonia? Non sarebbe una reminiscenza? La lingua di prima? E, forse, anche la lingua di dopo?”. Ecco che Marco Frisina ed Emanuele Andaloro ci faranno scoprire che l’indicibile, cui l’uomo sempre aspira, non si lascia dire nel dire umano, ma in esso si mostra, di un mostrarsi che spegne la voce e lascia un’ombra (una mancanza, un rado) nel linguaggio stesso, ombra che abbaglia chi si muove e intensamente cerca nel linguaggio, giungendo alla musica, che nasce e finisce nel silenzio.