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Il dottor Tozzi: Covid, si registra un leggero aumento dei casi anche in provincia di Salerno

Tommaso D'Angelo by Tommaso D'Angelo
31 Agosto 2023
in Ultimora
Reading Time: 4 mins read
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Il dottor Tozzi: Covid, si registra un leggero aumento dei casi anche in provincia di Salerno
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di Erika Noschese
Si chiama Pirola ed è la nuova variante del Coronavirus che porta con sé 40 mutazioni che potrebbero aiutare il virus a eludere la risposta immunitaria ma ad oggi due sono in particolare da monitorare perché potrebbero renderla più diffusibile. Di fatti, in Italia proprio in questi giorni si è registrato un lieve aumento, come accaduto anche in provincia di Salerno. A fare il punto della situazione il dottor Arcangelo Saggese Tozzi, responsabile del Dipartimento Prevenzione dell’Asl Salerno. Il primo caso della nuova variante, rapidamente posta sotto monitoraggio dall’Organizzazione mondiale della Sanità, è stato segnalato in Danimarca il 24 luglio. Successivamente è stata isolata in Sud Africa, Stati Uniti, Israele e Regno Unito. Sicuramente, l’aumento lieve dei casi in Italia non è determinato da questo tipo di varianti bensì da altre, già precedentemente individuate, come Kraken o Arturo.
Dottor Tozzi, oggi in Italia si parla di una nuova variante per il Coronavirus che fa registrare un leggero aumento circa i casi di contagio. Qual è la situazione in provincia di Salerno?
«Ad oggi in provincia di Salerno non abbiamo nulla di diverso da quello che sta succedendo in Italia, cioè un leggero dato di positività in più, ma non a livello allarmante, diciamo così. Siamo perfettamente in trend con quella che è la situazione nazionale. Al momento non è ancora stata fatta una caratterizzazione di questa variante, ancora non abbiamo nessun tracciamento mirato specifico sulle varianti. Peraltro è una ipotesi di cui si sta discutendo ma di fatto, in questo momento, non abbiamo ancora gli effetti di questa variante. Diciamo che è una situazione dettata dal venir meno delle misure di accortezza, di precauzione standard: non si usano più mascherine, non si usa più il distanziamento e non essendoci più questi strumenti è quasi inevitabile che ci sia una circolazione più allargata. Per ora però la circolazione è una sintomatologia simil influenzale senza nessun particolare rilievo di allarme sulla qualità della malattia e sul danno alle persone».
Nonostante questo leggerissimo aumento, possiamo comunque affermare oggi che il Covid o comunque l’emergenze in sé, con tutte le misure precauzionali adottate sono un ricordo lontano?
«Ad oggi la prospettiva è di una intimizzazione che fa apparire il processo della malattia come una sindrome influenzale, tanto che si sta pensando ad una vaccinazione mirata. Le ultime indicazioni ministeriali parlano di questo: una vaccinazione mirata sulle categorie a rischio, parallele alla vaccinazione influenzale, per gli over 75, le persone che sono nei servizi essenziali. Il quadro è questo qui ma è chiaro che non si può in modo assoluto escludere che possano emergere criticità; sicuramente è troppo poco per poter affrontare questo tipo di discorso oggi ma non si può escludere che emerga una variante diversa. Quelle attuali sono andate verso un contesto di convivenza con le persone per cui non c’è questa allarme in questo momento. Ovviamente, nel caso in cui comparisse una situazione del genere, noi siamo pronti a rimettere in piedi tutto il sistema emergenziale che abbiamo tenuto in piedi per questi due anni precedenti».
Chiaramente, finita la fase emergenziale di vaccinazioni, se n’è parlato di meno. Oggi qual è il dato rispetto ai vaccini?
«In questo momento non c’è in atto una campagna vaccinale contro il covid. In questo momento siamo in attesa che arrivino i nuovi vaccini adattati a questa situazione; possibilmente vaccini che si dovrebbero – secondo le indicazioni ministeriali – somministrare in parallelo con la vaccinazione antinfluenzale da ottobre in poi ma qualcuno pensa anche a una possibile co-somministrazione. Questo allarme per adesso è solo di notizia di una variante, ma segnali diversi di inversione di questo trend verso cui ci stiamo avvicinando non ne abbiamo. Ad ottobre se ci saranno vaccini indicati li somministreremo tramite i medici di base, tramite i centri vaccinali già dedicati alle vaccinazioni influenzale. Non stiamo pensando di attivare ad oggi strutture vaccinali di massa come è stato fatto precedentemente; pensiamo di gestire questa situazione come una sindrome influenzale o una doppia sindrome influenzale. Nel caso in cui invece dovesse emergere una emergenza diversa, il sistema è pronto ad attrezzarsi diversamente, ma in questo momento non c’è questo tipo di indicazione né da parte del ministero né da parte dell’Ons: i livelli nazionali non danno riferimenti in questo senso. Sta avvenendo un tracciamento abituale e una caratterizzazione anche virale del virus, con laboratori dedicati specifici sul livello nazionale che danno il quadro generale. Ad oggi non ci sono indicazioni e men che meno può esserci un allarme maggiore».
Secondo lei per quanto tempo ancora dovremmo fare i conti con questa variante? Ci sarà un momento in cui non ci sarà più un caso Covid in Italia?
«È difficile fare previsioni di questo tipo perché in fondo il virus si è modificato per stare con noi, in in una posizione meno aggressiva sulla popolazione e poiché è un virus particolare, può andare incontro a varianti ma è contro l’evoluzione normale di queste patologie. Se poi dovesse avvenire non lo possiamo sapere.
Il primo SarsCov1 o la Mef, le varianti di questi mesi, hanno avuto un effetto gravissimo, immediato, molto limitato, molto collegato a determinate zone, però poi si sono letteralmente estinti. Questo ha avuto la possibilità di estendersi, di diffondersi, tanto da diventare convivente con la popolazione. La maggiore probabilità è che conviva in questi termini ma più che questa variante, potremmo aspettarci secondo me qualche altro virus Cov, ma non questo. È difficile fare questo tipo di previsioni, io sono un esperto di sanità pubblica, non sono un esperto di virus, di vaccini ma di come si gestisce una situazione, di come si interviene con il coinvolgimento massiccio di diffusione della malattia e del bisogno di dare risposte da parte dell’organizzazione».

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