La notte di Alfredino, tragedia italiana che cambiò il sistema del soccorso - Le Cronache
Cronaca

La notte di Alfredino, tragedia italiana che cambiò il sistema del soccorso

La notte di Alfredino, tragedia italiana che cambiò il sistema del soccorso

Ci sono date che caratterizzano, in una maniera indiretta, la nostra vita, una di queste è sicuramente il 10 giugno 1981, giorno in cui avvenne la tragedia di Vermicino, una data che fa venire il brivido lungo la schiena a tanti italiani. Siamo nell’ Italia dei primi anni ottanta, il primo impiegato dello Stato è il presidente Sandro Pertini, il quale ogni mattina raggiunge a piedi il Quirinale, uscendo da un palazzo ubicato nei pressi di Fontana di Trevi dove ha preso in affitto una mansarda di pochi metri quadrati; il presidente del consiglio dei ministri è l’onorevole Arnaldo Forlani; sono gli anni delle radio private , gli anni delle canzoni di Baglioni ,gli anni della TV di Corrado, e purtroppo gli anni delle Brigate Rosse, della guerra di Mafia, gli anni della Nuova Camorra Organizzata di Don Raffaele Cutolo, gli anni dei servizi segreti deviati, e gli anni del “Pigliamose Roma” (espressione usata dai capi della famigerata Banda della Magliana).
Il piccolo Alfredo Rampi di sei anni sta trascorrendo alcuni giorni di vacanza con la famiglia a Frascati un comune situato alle porte di Roma.Il bimbo con il permesso dei genitori, farà una breve passeggiata nelle vicinanze, dove ci sono campi. Intanto inizia a scendere la notte, i genitori di Alfredo dopo un primo tentativo di ricerche, allertano le forze dell’ordine, subito vennero effettuate ricerche con maggiore perizia; un agente in un campo nota un pozzo artesiano – coperto da una lamiera – in via Sant’Ireneo (in località Selvotta, una piccola frazione di campagna vicino a Frascati lungo la strada che collega via Casalina a Via Tuscolana), dove erano in corso lavori per costruire una nuova abitazione. Arrivato sul posto, ci infila la testa e sente i lamenti di un bambino: si tratta proprio di Alfredo Rampi.
Il bambino era caduto in un pozzo artesiano, i tentativi di salvataggio prendono il via il 10 giugno e sono molto complessi. L’imboccatura del pozzo è infatti larga appena 28 cm e la galleria è profonda 80 metri. Le pareti sono irregolari e la lampada che viene calata all’interno del pozzo rivela che il bimbo si trova a circa 36 metri, bloccato in una rientranza. Il primo tentativo di salvataggio naufraga subito: si cerca di far arrivare al bambino una tavoletta di legno, ma questa si incastra a 24 metri e la corda a cui era legata si spezza. Ora quindi il pozzo risulta anche ostruito. Sul posto arrivano anche i tecnici della Rai che mettono a disposizione la loro strumentazione per permettere a chi è in superficie di parlare con Alfredino. Il secondo tentativo di salvataggio è condotto da un gruppo di giovani speleologi del Soccorso Alpino, che cerca innanzitutto di rimuovere la tavoletta di legno senza successo.
Il giorno successivo nel corso del Tg2 edizione delle 13:00, vengono diffuse le immagini che ritrae la disperazione di una mamma che parla con il suo bambino incastrato sotto terra, i pianti del bambino toccheranno il cuore di tutti gli italiani.
Ormai diventa un fatto mediatico nel bel Paese non si parla d’ altro, inizia la diretta televisiva, per gli esperti il primo reality della TV italiana. Una diretta lunghissima, una processione di volontari, contorsionisti che si prestano a scendere nel pozzo, sul luogo dell’incidente dalla vicina capitale arriva anche il Presidente Sandro Pertini, subito a fare sentire la sua mano tenera di padre nobile della nazione. Come accade per ogni tragedia anche questa volta ci sono stati coloro che hanno lucrato sulle disgrazie altrui, dai venditori di panini alla piastra, che posizionavano le loro bancarelle nelle adiacenze del sinistro, a qualche giornalista che con il dolore e le immagini drammatiche cercava di aumentare la tiratura del proprio quotidiano oppure l’audience del programma radiotelevisivo.
Una tragedia che ha fatto mostrato l’impreparazione dello Stato italiano, al di là degli aspetti strettamente polemici, in questa tragedia è uscita fuori anche un’altra Italia. Una Italia perbene, l’Italia del tipografo sardo di nome Angelo Licheri che ha sfiorato Alfredino con la mano, l’Italia di Isidoro Mirabella conosciuto da tutti come uomo Ragno, l’Italia del Presidente Pertini che anche in quell’ occasione dimostrava la sua grande umanità, l’Italia di Tullio Bernabei capo del servizio alpino che si calò per primo, è anche l’Italia delle nostre mamme che ci tenevano stretti davanti al televisore Telefunken, dei nostri papà che ci davano il bacio, dei nostri nonni che invocavano aiuto alla mamma Celeste davanti il quadro della Madonna di Montevergine.
Un intero paese dalle Alpi al balzo di Scilla fece il tifo per Alfredino, intere strade erano vuote , nei ristoranti chic di Lungomare Caracciolo la gente mentre mangiava guardava la TV; nei caffè eleganti di Piazza Navona i camerieri mentre servivano i turisti seduti ai tavolini all’aperto, tra una comanda ed un’altra, si fermavano davanti la TV posizionata nella sala interna per capire a che punto stavano i soccorsi; i tassisti di Piazza San Babila guardano la diretta al Caffè Brambilla che sta quasi per chiudere; i carabinieri delle stazioni dei piccoli centri di provincia mentre effettuano il servizio notturno; si fermano per un minuto al bar della piazza del paese per vedere le operazioni di soccorso; nelle strade vuote e solitarie di Salerno il silenzio di una bella sera di Giugno del 1981, viene spezzato da una moltitudine di echi delle mille televisioni sintonizzate sulle frequenze rai che trasmettevano la diretta.
In Via Alfredo De Crescenzo, la strada che apre il vecchio mercato di Torrione il piccolo Ninì con il suo ciuccio in bocca e sul triciclo, rimane sorpreso del silenzio, con una certa curiosità guarda la luce blu che arriva dalle finestre delle case di fronte, mentre la stessa voce che sente nel suo soggiorno di casa del giornalista che conduce la diretta, rimbomba in tutta la via.
Purtroppo il finale è conosciuto da tutti e la cicatrice la portiamo ancora nel nostro cuore, passeranno gli anni, ma la commozione resta.
Alfonso Angrisani