Inganno Pnrr - Le Cronache
Attualità

Inganno Pnrr

Inganno Pnrr

Alberto Cuomo

La segretaria del Pd, Elly Schlein, e la maggioranza del suo partito, non sono affatto in contraddizione, così come sostengono i pennivendoli del mainstream, trasvolati in men che non si dica dalle simpatie verso la sinistra alla complicità con la destra, a proposito del voto positivo sugli armamenti in Europa e l’obiezione, in Italia, all’uso dei fondi del Pnrr, per produrre armi e munizioni da inviare in Ucraina. Ben si può essere infatti favorevoli ad una Europa che investa parte del proprio bilancio per rafforzarsi con attrezzature belliche e contemporaneamente contrari a far carico ai singoli paesi, e particolarmente al nostro, di una spesa che gravi sul proprio bilancio, magari contraendo debiti, rivolta a procurare armi e munizioni per l’esercito ucraino in guerra. Appare tanto più assurdo che mentre in Italia i salari e le pensioni non vengano aggiornati al costo della vita, mentre il welfare, ovvero la sanità, la scuola, la ricerca, subiscono decurtazioni nella legge finanziaria, l’aumento delle risorse per la difesa comprenda l’acquisto e la produzione di armi da inviare ad un altro paese. Senza considerare oltretutto che parte dell’investimento su un tale capitolo di bilancio favorisce un ministro con aziende produttrici in componenti meccaniche ed elettroniche per armamenti. Un caso che illustra quanto sta accadendo in Italia dove i cittadini non appaiono consapevoli di come l’uso del denaro pubblico, e particolarmente di quello preso in prestito dall’Europa, per il Pnrr, possa finire per arricchire pochi imprenditori e ad impoverire, indebitandolo, l’intero nostro popolo. Gli italiani dovrebbero interrogarsi sul perché, dopo tante minacce di restrizioni, i paesi europei abbiano allargato per loro i cordoni della borsa concedendo oltre un terzo dei fondi previsti per il Pnrr dell’intera Europa. Fiducia nella capacità italica di far fruttare gli investimenti? O nel nostro efficientismo cui si appuntano piuttosto le critiche alla lentezza burocratica che caratterizzerebbe il nostro paese? Che cosa fa da garanzia, per l’Europa, all’immenso debito di cui si fanno carico l’Italia e gli italiani, derivante dal prestito europeo? Non c’è bisogno di una analisi complessa per comprendere che, come per ogni prestito, la garanzia non sia tanto nella non provata capacità di farlo fruttare ma nella ricchezza del debitore grazie alla quale egli potrà onorare il credito che gli viene concesso. E quale è la ricchezza del nostro paese messa in garanzia? Forse la proprietà di opere d’arte e edifici pubblici di pregio? Sicuramente no. La ricchezza italiana che fa gola agli altri paesi europei è, come sanno anche le pietre, nei nostri accantonamenti bancari, nel fatto che i forzieri dei nostri istituti di credito sono gonfi del risparmio accumulato dalle famiglie italiane, magari per generazioni. Pertanto in caso l’Italia vada in default dell’Italia per l’Europa sarà facile chiudere il buco del debito di cui i nostri politici, di destra e sinistra, si sono resi responsabili prendendo tanto denaro dai fondi Pnrr. E non si pensi che l’Italia non rischi il fallimento. Un rischio concreto che nei giorni scorsi hanno corso gli USA, alle cui vicende economiche è legato il mondo occidentale e particolarmente l’Italia, cui sono sfuggiti mediante un accordo bipartisan, tra democratici e repubblicani in Parlamento, nel porre un tetto al debito pubblico. Tetto non previsto dai nostri parlamentari i quali, anzi, sembrano fare a gara, nei diversi partiti, su come aumentare la spesa pubblica attraverso il debito con l’Europa. L’improntitudine dei nostri politici, quelli al governo, è giunta al punto di assolversi preventivamente, ovvero di assolvere o propri tecnici di fiducia, mediante decreto, per eventuali rilievi penali nell’uso dei fondi Pnrr. E non solo. Anche sul piano contabile i nostri governanti tendono a volere mano libera escludendo dai controlli la Corte del Conti. Viene pertanto da chiedere chi, esclusa la responsabilità penale e contabile da parte di quanti gestiranno i fondi, chi mai ripagherà gli italiani per averli indebitati senza eventuali riscontri positivi per il Paese. Né ci si può non interrogare, fatte salve le intenzioni di spesa, su dove finiranno i 230 miliardi prestati agli italiani dall’Europa. Anche a questa domanda non appare difficile rispondere se si guarda all’interesse di Confindustria per l’argomento. Saranno infatti gli imprenditori privati, che vinceranno appalti in ogni campo, dalle opere pubbliche alla sanità, magari con tanto di obolo ai politici a fruire della manna del Pnrr. Ma saranno poi  loro ad intervenire in caso di default del paese? No di  certo dal momento i loro guadagni saranno al sicuro nei paradisi fiscali, nelle banche di Panama o Amman. Sarà invece facile per i creditori europei bloccare i nostri BOT, i nostri buoni postali, i nostri Btp, dando ai cittadini, in cambio, certificati di credito allunga scadenza del ministero del Tesoro del nostro paese fallito. Con buona pace di Meloni, Schlein, Salvini, Renzi, i sindacati, che avranno compiuto l’ultima presa in giro degli italiani