Tema. Scrivi un racconto. Svolgimento. - Le Cronache
Editoriale

Tema. Scrivi un racconto. Svolgimento.

Tema. Scrivi un racconto. Svolgimento.

Di Federico Sanguineti

Sì, bisognerebbe scriverlo. Bisognerebbe scrivere un racconto relativo a L. Raccontare cioè la vita di L. Quello che di L. si sa. Quello che di L. si ricorda. Non una biografia, necessariamente. Ma un insieme di notizie, di episodi, di frammenti. Qualcosa di archeologico, in fondo. Come risalire al principio, ecco tutto. Raccontare di L. partendo da quello che chiunque può sapere. Si può cliccare. Si può, volendo, digitare il nome di L. per intero, e il cognome di L. per intero, in Internet, giocando con un motore di ricerca. Facendolo, viene immediatamente fuori un’omonimia. Inquietante come ogni omonimia. E al tempo stesso comica, l’omonimia, a pensarci. L. sarebbe artista, anzi autrice, illustratrice sudamericana. Si capisce che non c’entra nulla con L. di cui si cercano informazioni, ammesso che ci siano. Eppure. Ecco: una serie di analogie balzano agli occhi, in modo sorprendente. Non tanto il fatto che l’omonima dica di sé di ridere di sé e di far ridere in generale. A dire il vero, L. che si cerca è piuttosto l’opposto. Si prende piuttosto sul serio, L., e non ha un particolare senso dell’umorismo. Sarcastica e pungente, piuttosto, verso il mondo intero. Ma questo si spiega con la sua storia, appunto. La storia che si vorrebbe raccontare. Le analogie sono in alcuni tratti del volto, semmai. L. a confronto con L. Come dire: L. allo specchio. Si veda la sobria bellezza, l’eleganza dei tratti dell’una, e la sobria bellezza, l’eleganza dei tratti dell’altra. Sono impressioni, certo, pure e semplici impressioni. Umane fantasticherie, è chiaro. Fatto sta che un legame profondo, del tutto casuale, in qualche modo c’è: l’omonima L. sembra incarnare, nel suo essere autrice, illustratrice, una segreta vocazione di L., come si vedrà. Solo che L. rinuncia alla vocazione, pretendendo, o forse solo sperando, che ci sia al suo posto chi faccia ciò che lei nega a se stessa. Comunque, chi guardi i disegni di L. omonima, difficilmente può fare a meno di pensare che siano proprio quelli, esattamente quelli che L. di cui si parla farebbe. Lo dimostrano (o forse non lo dimostrano) le tante scene che vengono in mente, se solo ci si pensa un momento, di L. giovane con il figlio. Non un figlio qualsiasi. Ma il primogenito, come è ovvio. Madre e figlio che guardano insieme libri illustrati, libri d’arte. Riproduzioni di Klee soprattutto: un mondo di carta, disperato ma pieno di colori, comunque pieno. Pieno zeppo. Anche se vita astratta, senza effettiva concretezza. Madre e figlio ancora, con la madre che mostra al figlio immagini di nudo artistico, di nudo sublime. Un grosso volume di nudi di Cranach, per esempio. Adamo ed Eva di Cranach, in particolare, più o meno in assoluta nudità, o quasi. E quindi L. stessa che si mostra nuda al figlio. Madre nuda col figlio nudo. Madre nuda che si fa aiutare dal figlio nudo ad indossare un reggiseno. Madre nuda che si fa aiutare dal figlio nudo ad indossare un reggicalze. Madre e figlio che giocano col reggiseno. Madre e figlio che giocano col reggicalze. Con quella intimità che si può immaginare fra madre e figlia. Intimità fra donne, fra donna e donna, sì. Ma intimità che meno si immagina fra madre e figlio o che magari non si immagina affatto. E che invece c’è. E forse c’è perché è l’indizio che il legame fra L. e il figlio di L. è vissuto da L. con la nostalgia di qualcosa che non c’è, che il figlio è appunto figlio, non figlia come L. vorrebbe. E comunque l’intimità è di chi è nato da donna con la donna che lo ha fatto nascere. L. omonima a Buenos Aires. L. invece a Torino, finalmente (continua).