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Le mani della malavita nocerina anche nell’inchiesta che travolge Zingaretti

Tommaso D'Angelo by Tommaso D'Angelo
12 Aprile 2023
in Ultimora
Reading Time: 3 mins read
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Le mani della malavita nocerina anche nell’inchiesta che travolge Zingaretti
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Ci sarebbero anche degli esponenti dell’Agro nocerino sarnese nello scandalo che ha coinvolto l’ex presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, accusato di aver sperperato undici milioni di soldi pubblici. Un’inchiesta portata avanti da La Verità che ha ricostruito i retroscena della truffa delle mascherine. Dall’inchiesta emerge anche il ruolo dei malavitosi dell’Agro nocerino con l’acquisto, da parte della regione, di 79 automobili. Filo conduttore della trama è la pandemia e, più precisamente, l’approvvigionamento di mascherine: la Regione Lazio si affida alla Ecotech Srl, una società che opera nel settore delle lampadine e che non ha esperienza nel campo dei dispositivi medici. A guidarla è il bellunese Sergio Mondin, il quale assicura a Zingaretti & C. di essere in grado di recuperare milioni di protezioni facciali e per questo ottiene, unico in Italia a livello regionale, un acconto da 14,68 milioni di euro per una fornitura «fantasma» da 9,5 milioni di dpi. A oggi ne sono stati consegnati solo 2 milioni di tipo chirurgico e mancano all’appello quasi 11,8 milioni di euro. Mascherine che sarebbero dovute giungere in pochi giorni. A raccontare come si sono svolti i fatti è la signora Cazzaro. E proprio in questo contesto si inizia a parlare di auto e di Agro Nocerino sarnese: con la guerra in Ucraina, diventa impossibile procedere con la transazione. Ennio D’Andrea, avvocato, avrebbe dovuto fare da intermediario con un imprenditore originario di Prato di stanza a Praga, un certo Antonio Ferrante, la persona che, a detta del legale, avrebbe avuto la disponibilità dei dispositivi di protezione. Una catena di Sant’Antonio che ha fallito miseramente la missione. Secondo quanto riportato da La Verità, infatti, la Cazzaro ha inviato quasi subito 1,545 milioni di euro di anticipo alla Noleggio car Sro di Ferrante, ma dalla Repubblica ceca non è arrivata neppure una mascherina. Tra il 2020 e il 2021 Mondin fa numerose conference call con questi soggetti e negli audio si sente il sedicente avvocato D’Andrea condurre le danze. Il legale parla a nome del fantomatico Antonio, il quale, però, non si sente mai nei vocali registrati dall’imprenditore bellunese. Nell’autunno 2020 la banda, quando la Regione aveva finalmente interrotto tutte le trattative, aveva provato a chiedere ulteriori 500.000 euro, per sbloccare il carico di mascherine (1,5 milioni di Ffp3, 3,5 di Ffp2), che, a loro dire, era fermo in Russia e per cui occorreva saldare il conto. Proprio D’Andrea e Ferrante presenta un elenco di 79 auto che farebbero parte del parco macchine della Noleggio car. In un audio, Ennio, per tranquillizzare i suoi interlocutori, riporta le parole dell’enigmatico imprenditore trapiantato a Praga: «Puoi dargli tutto che vogliono, l’importante è che risolviamo questa situazione». Segue chiosa del legale: «Antonio non è stupido, ma è una persona talmente onesta e perbene che è disposto anche a questo, pur di chiudere questa cosa», ha continuato D’Andrea. Nell’atto giudiziario sono indicate le direzioni prese dai soldi della Regione; 67mila euro sarebbero andati a Giuseppe Rendina, 27 anni, originario di Pompei, uno dei due amministratori di fatto (sono entrambi indagati per riciclaggio) delegati a operare sui conti della Noleggio car. Amministratore di fatto della società è il cinquantaduenne Donato Ferrara. È originario di Nocera inferiore e con una carta a lui intestata sono stati effettuati prelievi per 8.000 euro a Prato, due località, una in Campania e una in Toscana, che riportano ad Antonio Ferrante. Nel decreto si fa riferimento anche a un certo Arsenio Ippolito, quarantenne nativo di Polla, paesino in provincia di Salerno, e residente nella vicina Teggiano, in un’anonima casetta persa tra i vicoli. Sotto l’abitazione è parcheggiata una Audi con targa bulgara. Dovrebbe essere, stando a quanto emerso, l’amministratore e intestatario di una «micro company» londinese, la Giadastar, con zero dipendenti, ma un giro di affari dichiarato di circa 334.000 sterline al 28 febbraio 2022. Mentre in Italia avrebbe poco più di un contratto da poco più di 15.000 euro annui in una piccola ditta di raccolta di rifiuti non pericolosi. L’uomo ha diverse segnalazioni di polizia, non particolarmente significative, per reati che vanno dalle lesioni personali alla truffa (per una vendita su Ebay) alla guida di auto priva di assicurazione o con targa contraffatta. Ferrara era emerso agli onori della cronaca già nel 2010: si parlava di lui come di un uomo dalla doppia vita, un bancarottiere con diversi precedenti penali alle spalle: negli anni ‘90 è stato arrestato per furto d’auto, poi è stato indagato per associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, truffa, uso e emissione di fatture per operazioni inesistenti, sostituzione di persona e attestazione di false generalità, appropriazione indebita, contraffazione di sigilli, distruzione di documenti, applicazione di targhe false su auto rubate, falso ideologico, tentata estorsione. Nel 2010 è stato nuovamente arrestato, scarcerato dopo un anno e sottoposto all’obbligo di dimora. Nel 2016 è passata in giudicato una condanna per bancarotta. E, successivamente, ha ricevuto due ordini di carcerazione per ricettazione, l’ultimo nel 2019.

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