Jesu, l’aggressione umana di politici in camice bianco - Le Cronache
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Jesu, l’aggressione umana di politici in camice bianco

Jesu, l’aggressione umana di politici in camice bianco

di Antonio Manzo
Sarà pur vero, come scrisse lo scrittore russo Vladimir Nabokov, che uno più presta attenzione alle coincidenze più queste si verificano.
Sarà stata anche una beffarda coincidenza della storia ma proprio a Milano, il 20 febbraio scorso, è stato presentato uno spettacolo al Teatro Martinit con il libro del giornalista Luca Serafini dedicato a René Geronimo Favaloro, italo-argentino, fiero avversario del regime peronista, un genio della medicina. Favaloro è considerato, perché lo è, il padre del by-pass aorto-coronarico. Dopo una vita rivoluzionaria e tragica, salvò la sua clinica dai debiti ma non la sua vita uccidendola, sarà ricordato nel mondo per aver inventato nel 1967 l’intervento chirurgico che avrebbe salvato negli anni a venire milioni di persone colpite da importanti malattie cardiache, spesso ad un passo della morte.
Se avessero raccontato ai presentatori della serata milanese la storia straordinaria di Favaloro avrebbero recitato i testi estratti dal testo il cuore di un uomo” (Rizzoli 2022) di Luca Serafini con una malinconia anche metaforica per lo stato comatoso della Sanità pubblica con indubbia amarezza su un fatto recente della cronaca salernitana.
Proprio nelle stesse ore Severino Jesu, noto cardiochirurgo e il suo team di sala operatoria, stavano vagliando la possibilità, poi divenuta realtà, di dimettersi dall’incarico e andare via, lasciando alle spalle anni di esperienza e soprattutto di professionalità coltivata in una struttura sanitaria di eccellenza, accertata esperienza e collaudato percorso professionale. Severino Jesu,uno dei più noti cardiochirurghi d’Italia, era proprio in quelle ore, solo tra i suoi pensieri. Un uomo in bilico. Umanamente e professionalmente.
Da una parte la sua mente era certamente rivolta ai suoi malati e al suo team, e dall’altra la scommessa di vita della sua carriera professionale. Una ragione c’era. Lui lavorava in condizioni ostative a proseguire il suo apprezzato lavoro per evidenti e ricorrenti equilibri politici temporanei ed ostili, avversi difficilmente comprensibili.
Erano giorni, mesi ed anni che quel primario veniva ostacolato nelle sue funzioni, avversato. Tutto capitava nel silenzio di una città che si bèa, e giustamente, della serie A categoria da difendere e non tutela la potenziale retrocessione della struttura di cardiochirurgia dell’ospedale funzionante da decenni creata dal Maestro di Severino Jesu, il primario Giuseppe Di Benedetto.
Nessuno pensava che la tragedia della pandemia portasse gli italiani a dire ai medici “siete i nostri eroi” come poi è successo ma l’opinione pubblica i singoli cittadini fruitori e beneficiari ultimi del servizio sanitario nazionale cosa dovrebbero dire davanti all’abituale aggressione dei medici anche al Ruggi, troppo spesso contestati non solo verbalmente?
Un divario, umano si è creato in questi anni tra il malato e il medico.
Non tutti i medici, certo. Ma nemmeno pochi. Come se ci si stesse abituando a considerare gli uomini come macchine guaste. Senza quindi guardarli negli occhi. Senza ricordarsi il loro percorso, i meriti.
Severino Jesu, con i suoi colleghi, è stata una vittima della disumanità, un’aggressione che maturava da tempo assecondata dalla politica che pretende, soprattutto nel Mezzogiorno, impunemente di comandare in corsia con uno sdrucito camice bianco.
Il primario e lo staff sono stati colpiti nella loro dignità umana e poi professionale. Umanità forgiata nel difficile lavoro quotidiano guardando negli occhi i malati.
Non è stato solo vittima della politica che da decenni in Italia, e in Campania particolarmente, governa la sanità con lo scacchiere delle carriere spesso, indipendentemente, dal merito e della professionalità.
Sistemi contorti con mosse da familismo politico sanitario per pochi voti niente affatto nuovi nel mondo della sanità, conosciuti anche da chi ora agita strumentalmente il caso dell’abbandono di Jesu.
Ai lettori chi scrive intende lasciare degli interrogativi; i quesiti incrociano la gestione della sanità, l’affermazione del merito in corsia, la dimensione umana che accompagna la professione medica, il ricordarsi che quando fa più comodo i medici sono degli eroi e successivamente diventano pedine di equilibri politici non comprensibili e non noti ai più.
Stavolta le coincidenze sono state le cicatrici di un destino beffardo per il primario Severino Jesu ed al suo team dopo il duro lavoro profuso.