Le autonomie, le gabbie e i sud-diti:molta la preoccupazione del sud Italia - Le Cronache
Attualità

Le autonomie, le gabbie e i sud-diti:
molta la preoccupazione del sud Italia

Le autonomie, le gabbie e i sud-diti:molta la preoccupazione del sud Italia

di Alfonso Malangone*
Il progetto dell’allargamento dei poteri attribuiti alle Regioni, il cosiddetto Regionalismo differenziato o asimmetrico, è stato ampiamente dibattuto nelle scorse settimane in ambito nazionale. In particolare, al Sud sono state espresse forti preoccupazioni per temute scelte punitive con riferimento anche ad una iniqua distribuzione delle risorse. Mettere le mani avanti è stato senz’altro opportuno, perché il provvedimento è ancora in fase di elaborazione. Tuttavia, non è negabile che le richieste per il rispetto di giusti diritti si siano scontrate, ancora una volta, con situazioni di fatto che sembrano dimostrare l’incapacità del territorio ad adempiere ai propri doveri.
Da vent’anni, le Regioni amministrano direttamente aspetti fondamentali della vita per effetto delle autonomie introdotte nel 2021 dalla modifica del Titolo V della Costituzione. E, dopo vent’anni, i cittadini del Sud non solo non sono divenuti più uguali, ma sembra siano vittime di ulteriori disparità. Per la nostra Regione, la qualità della vita appare davvero vergognosa: su 107 posizioni, Benevento è all’82° posto, Avellino all’84°. Salerno al 97°, Napoli al 98° e Caserta al 99° (fonte: 24Ore). In questi indicatori c’è tutto quello che può riguardare i servizi fondamentali a supporto dei cittadini. Poi: in Campania si vive tre anni meno che al Nord; si sono spesi 3.4Miliardi in dieci anni per le cure sanitarie fuori Regione per l’11,4% dei ricoverati; i tetti di spesa si esauriscono entro i primi 10gg. di ogni mese; i livelli essenziali-lep sono al terz’ultimo posto in Italia (fonti: 24Ore, Istat, ilMattino, MinSalute). Infine: la Campania ha il massimo rischio di povertà, anche in Europa (fonte: Svimez-Eurostat), è terz’ultima per dispersione scolastica (fonte: Openpolis). Non è il caso di parlare di Rifiuti e Ambiente, perché potremmo davvero deprimerci.
Eppure, non si può dire che non siano stati investiti fondi ingenti da parte delle Amministrazioni Locali visto che, gira-gira, le tasche dei cittadini sono state recentemente chiamate a ripianare malridotte situazioni finanziarie. E’ ben noto, infatti, che il nostro Comune ha dovuto ricorrere al decreto Aiuti, per un Disavanzo di Bilancio di ben € 169,9milioni, aumentando tutto il possibile e mettendo in vendita anche l’inverosimile (fonte: Legge 50/2022, art. 43 cc. 1-2). Tra le altre Entrate, è stata elevata allo 0,9% l’addizionale Irpef che, a partire dal prossimo anno, salirà all’1,10% con la possibilità di crescere fino all’1,20% in caso di insoddisfacente andamento degli incassi (fonte: contratto, art. 4/c). Poiché l’imposizione è in misura fissa, non a scaglioni di reddito, la quota dovuta si può calcolare agevolmente con una semplice moltiplicazione. Ad esempio, il percettore di un reddito lordo di € 28.000 pagherà, per quest’anno, € 252 (ex € 224) e € 308 dal prossimo. Questo, in aggiunta ai maggiori canoni, fitti e altro ancora. E, purtroppo, non finisce qui.
Anche la Regione Campania dimostra di avere il problema di riequilibrare la finanza, pur senza ricorrere al decreto Aiuti che, peraltro, non è applicabile. Nel Bilancio di Previsione del 2023 (fonte: L.R. 29/12/2022 n. 19) si legge che quest’anno potrebbe essere dichiarato un Disavanzo di Amministrazione di € -3.792.684.339,62 (Preventivo, all. 8). Sono ben tre miliardi e ottocento da rimborsare in quote annue di almeno € 200milioni (fonte: cit.). I debiti finanziari sono stati stimati in circa € 6,500Mld (Preventivo, pag. 29 Revisori) dimostrando, per la differenza rispetto al disavanzo, che si è fatto ricorso ai debiti per eseguire pagamenti oltre i limiti consentiti dall’andamento delle Entrate. In verità, sembra essere questa la spiegazione tecnica in presenza di anticipazioni della Cassa Depositi e Prestiti, cioè di liquidità concessa per spese urgenti e indifferibili, per € 2,2Mld. Salvo ogni errore, ovviamente. Sono pochi numeri, ma di altezza sufficiente a dimostrare le condizioni dell’Ente pur senza approfondire altri indicatori, quali gli importi per una decina e più di miliardi (!) dei crediti non riscossi e degli impegni non spesi, cioè dei Residui Attivi e Passivi. In aggiunta, appare davvero grave la condizione espressa dal Bilancio Consolidato 2021, ultimo deliberato, documento di sintesi comprensivo dei risultati contabili delle Società Partecipate, nel quale è presente un Patrimonio Netto Complessivo NEGATIVO addirittura pari a € – 6,967Mld a fronte di un totale Attività per immobili, impianti e varie, pari a € 3,750Mld (fonte: Delibera Giunta n. 635, all. 18-19). In sostanza, sembra sia stato perso il doppio dell’Attivo e si vada avanti solo con i debiti che sono dichiarati pari a € 17,387Mld con interessi passivi annui per € 260milioni (fonte: cit., all. 20). Sono cifre immense, almeno per chi non c’è abituato. Non sono critiche, ovviamente, ma solo osservazioni contabili pienamente confutabili.
Così, anche la Regione ha deciso di aumentare la propria quota di addizionale Irpef (fonte: MEF, tabella aliquote) applicando percentuali differenziate per scaglioni secondo la seguente scaletta: 1,73% fino a € 15.000; 2,96% da € 15.000 a € 28.000; 3,20% da € 28.000 a € 50.000; 3,33% (massimo consentito dall’autonomia) oltre € 50.000. In pratica, facendo un piccolo calcolo, qui omesso, l’addizionale Regionale per il reddito di € 28.000 è pari, oggi, a € 644,30 rispetto ai precedenti € 389,90 (+ € 254,40). Una crescita del 65%. A parte il Lazio, non ci sono eguali. La massima aliquota della Lombardia e della Toscana è dell’1,73%, quella della Liguria del 2,33%, quella dell’Emilia-Romagna del 2,27%, tutte a decrescere per gli scaglioni inferiori (fonte: MEF, cit.). Addirittura, la Sicilia e la Sardegna applicano l’1,23% fisso, la Calabria l’1,73% fisso. Così, il cittadino campano paga, a livello minimo, la stessa aliquota che pagano i lombardi o toscani a livello massimo, e anche più dei siciliani e sardi. Non c’è partita.
Per noi salernitani, la somma delle due addizionali porterà a pagare entro fine anno, nell’esempio del reddito di € 28.000, un totale di € 896,30 (+ € 282,40) e € 952,30 (+ € 338,40) dal prossimo. Salvo peggio. Le gabbie salariali sono scomparse da tempo, e sono maledette, mentre quelle fiscali sembrano offrire opportunità irrinunciabili.
Se le nuove autonomie possono essere pericolose, sono le vecchie che ci condannano, intanto, a destinare ingenti risorse al rimborso di debiti per spese che, piuttosto che renderci eguali, ci hanno reso Sud-diti. Non possono stupire le partenze di tanti giovani, in veste di migranti economici avviliti da precarierà, insufficienze, degrado, delinquenza, verso le aree con le quali dovremmo confrontarci pur senza averne le forze. Il futuro dei cittadini non dipende dalla quantità di soldi, ma da come essi si spendono. Forse, sarebbe giusto dire qualcosa su questo, prima di gridare ‘al lupo-al lupo’.
P.S.: la ricostruzione
è avvenuta con dati presenti in rete. Si fa salvo ogni
errore di informazione
e di interpretazione.
*Ali per la Città