«Nel Pd campano esiste una questione morale da affrontare con rigore e in tempi rapidi: nella nostra regione persistono purtroppo ancora ampie zone che restano in mano ai signori delle tessere». Lo dice il presidente della commissione congresso regionale dei dem campani Franco Roberti. non usa giri di parole: «Tessere bluff e sultani la vera questione morale». Sul caso Caserta Roberti è intransigente: «Al presidente Gatto ho detto», aggiunge Roberti, di «cancellare tutte le iscrizioni anomale, e in particolare quelle effettuate con carta prepagata, quelle effettuate a mezzo bonifici di tabaccheria via Sisal, nonche’ quelle effettuate con pagamenti multipli eccedenti di tre. Resta salva, ovviamente, la cancellazione di eventuali posizioni personali incompatibili con il Partito democratico». Per Roberti, infatti, il «rischio che si saldino interessi loschi e persino mafiosi è più che mai reale. Per questo è giunto il momento di rifondare il partito, ma bisogna fare presto, perchè il tempo sta per scadere. Anzi, forse è già scaduto». L’esponente Pd si dice anche convinti che «dove c’è il controllo delle tessere nascono quelli che il collega Boccia ha giustamente definito “‘ultanati’. E dove ci sono i sultani il rischio dei condizionamenti si fa alto e pericoloso in Campania. La camorra prova a mettere le mani anche nella politica, questo non e’ un segreto. Voglio ricordare che quando il Partito democratico si chiamava DS, da queste parti – e segnatamente proprio nel Casertano – il tesseramento veniva gestito da due fratelli, noti affiliati al clan dei Casalesi». Intanto, è ancora polemica sul caso tesseramenti a Caserta: I segretari dei circoli del Partito democratico di Caserta, Mondragone, Sessa Aurunca, Parete e Cellole, rispettivamente: Enrico Tresca, Achille Pacifico, Franco Sessa, Paolo Falco e Francesco Vettone non risparmiano attacchi. «Qualcuno ha imbrogliato e, udite, udite è chi gridava allo scandalo, strumentalmente amplificato da un ben orchestrato circo mediatico – dichiarano – Alla fine della corsa la montagna partorì il topolino, e il topolino mostra tutti i suoi difetti. Il tesseramento Pd di Caserta, alla luce della sua certificazione da parte di una Commissione provinciale, di fatto nominata da una parte, si potrebbe dire da una persona contro tutte le regole democratiche interne, fotografa una realtà diametralmente opposta a quella gridata ai quattro venti da certi “personagetti”. Non ci sono pacchetti di tessere. Non ci sono strani movimenti o cervellotici rapporti tra voto e tesserati. Ci sono solo alcuni che statutariamente non potevano e non possono essere iscritti al Pd e che invece sono stati inseriti nella anagrafe approvata. C’è chi non ha pagato il dovuto ed è stato graziato, c’è chi non può essere del Pd, perché siede nei banchi dei Consigli comunali e provinciali contro il d, ed è stato iscritto. C’è chi ha costruito, quelli sì, elenchi di tessere e li ha comunicati con una mail ed è stato iscritto. Ma perché tutto questo? Perché i “personagetti” di cui sopra non hanno visto i tesserati di altre province scoprendo che in proporzione erano significativamente più di quelli di Caserta? Perché si è dovuto costringere, e solo per Caserta, gli uffici del Pd romano a sconfessare sé stesso ed inventare una seconda anagrafe con nuovi criteri di esclusione validi solo per questa provincia? Perché? Perché è evidente ormai a tutti che le regole democratiche in mano a Boccia e ad altri, e a tutti quelli che hanno voluto offendere Caserta e i casertani così gratuitamente, sono carta straccia, non valgono». E poi le scuse a militanti e cittadini, anche non iscritti al Pd. «Il bue chiama cornuto l’asino», hanno aggiunto senza mezzi termini. Intanto, si attende la chiusura dei congressi nelle singole sezioni locali ma il risultato sembra abbastanza evidente già da ora.
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