Gina Lollobrigida: addio alla diva - Le Cronache
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Gina Lollobrigida: addio alla diva

Gina Lollobrigida: addio alla diva

Dallo sbarco a Ravello nel 1953 con Humprey Bogart  al Giffoni film Festival nel 1989 con Ettore Scola, le incursioni dell’attrice, artista e fotografa nella nostra provincia, sempre osannata dal pubblico

Di Olga Chieffi

Su Gina Lollobrigida, la Bersagliera, la diva, si è scritto di tutto. Nata il 4 luglio un giorno particolare, ne ha sempre incarnato lo spirito, solare, mediterraneo, prorompente, italiano, un’icona del nostro cinema, un talento istintivo, che nasce direttamente dall’anima. L’anima di un essere umano, molto profondo, che capisce la tristezza, la felicità, la solitudine, il successo e ha avuto vicino un no good man, dal quale è nato il figlio Andrea che negli ultimi anni ha ingaggiato con lei contese circa l’eredità insieme al nipote Dimitri. Ecco cosa c’è alla base del mito, di una stella che brilla a Los Angeles sulla Walk of Fame dal 2018, del mostro sacro, del mito, una stella che brillerà in eterno, diva e Venere. Puntò un all in sulla sua bellezza, nella primavera del 1947 partecipando al concorso di Miss Roma ottenendo un tale successo di pubblico che venne invitata a Stresa per le finali di Miss Italia, dove arrivò terza dopo Lucia Bosè e Gianna Maria Canale, future stelle del cinema come lei. In quello stesso anno parteciparono alla manifestazione anche Eleonora Rossi Drago, esclusa, in quanto già sposata, e Silvana Mangano, anche loro in seguito divenute grandi attrici. L’attrice iniziò la carriera cinematografica prima come comparsa e controfigura, e successivamente in piccoli ruoli di contorno nei popolari film operistici dell’immediato dopoguerra. Silvana Pampanini ricordava con malizia che fu lei a sceglierla per una particina in una pellicola della quale era protagonista. Nel 1950 Gina Lollobrigida volò sola verso Hollywood, accettando l’invito del miliardario Howard Hughes, produttore e scopritore di dive come Jane Russell. Quando scoprì che stava per essere chiusa in una gabbia dorata tornò precipitosamente a Roma. Il contratto in esclusiva che aveva già firmato le impedì fino al 1959 di lavorare negli Stati Uniti, ma non in produzioni statunitensi girate in Europa, come poi in effetti avvenne. Quella sconfitta diverrà la sua fortuna: Luigi Zampa le ha fatto da pigmalione con «Campane a martello» e «Cuori senza frontiere», Monicelli e Steno («Vita da cani»), Pietro Germi («La città si difende»), Carlo Lizzani («Achtung! Banditi») la promuovono a vera attrice entro il 1952. Con determinazione ferrea si mette alla prova anche sul terreno delle coproduzioni, interpreta in Francia «Fanfan la tulipe» a fianco del divo Gérard Philipe e Parigi la adotta facendone una diva. Da Blasetti a René Clair, da Monicelli a Comencini ormai tutti la vogliono ed è proprio Luigi Comencini a decretare la sua fama assoluta affiancandola a Vittorio De Sica nel clamoroso successo di «Pane, amore e fantasia» (1953). Per tutti è la Bersagliera, De Sica ha coniato per lei l’etichetta di «maggiorata fisica» dopo averla scoperta ne «Il processo di Frine», il pubblico impazzisce. Gina Lollobrigida diventa «la Lollo» e si può permettere grandi coproduzioni («Il tesoro dell’Africa» per John Huston, «Trapezio» con Tony Curtis, «Il gobbo di Notre Dame» per Jean Delannoy), seguiti fortunati («Pane amore e gelosia», dopo il quale lascerà il ruolo alla «rivale» Sophia Loren), scelte intellettuali («La provinciale» di Mario Soldati, «La romana» di Luigi Zampa, «Mare matto» di Renato Castellani). Gli anni ’50 sono il suo palcoscenico d’eccellenza, ma il decennio successivo la vede sfruttare con intelligenza il suo nome e la sua aura di sex symbol. Negli anni ’60 lavora molto ma si riducono gli appuntamenti memorabili: «La donna di paglia» di Basil Dearden, «Un bellissimo novembre» di Mauro Bolognini, «Buonasera Signora Campbell» di Melvin Frank. Poi scopre la televisione (dal «Pinocchio» di Comencini alla serie americana «Falcon Crest» fino all’ultima apparizione di prestigio nel remake de «La romana» firmato per la tv da Giuseppe Patroni Griffi), ma ha ormai trovato nella fotografia la sua nuova musa. Gira il mondo ritraendo i grandi del suo tempo, espone nelle gallerie più prestigiose. Riscopre l’antica passione per l’arte cimentandosi con la scultura. Il cinema invece non l’attira più. Accetterà di tornare, solo per amicizia, in un film di Ezio Greggio «Box Office 3D», oggetto di una pazza pre-inaugurazione alla Mostra di Venezia. Il cinema però non l’ha scordata ed è il suo grande amico Gian Luigi Rondi a volerla per un David di Donatello alla carriera nel 1996 e per un altro trofeo speciale nel 2006 a 50 anni dalla prima statuetta vinta con «La donna più bella del mondo». La Lollo sbarcò a  Ravello con John Huston, Truman Capote per girare alcune scene del film Il tesoro dell’Africa unitamente a Jennifer Jones e Humphrey Bogart. Fu il suo primo film in lingua inglese. Era il 1953 ed è proprio con «Il tesoro dell’Africa», girato in parte tra piazza Vescovado, l’antico palazzo Confalone, villa Cimbrone che la leggenda del grande schermo Gina Lollobrigida rafforzò il legame con gli angoli più suggestivi della divina costiera e poi successivamente con Capri. A Ravello vi è ritornata con grande emozione nel 2018, mentre nel 1989 fu la stella del Giffoni film Festival, un premio per una carriera lastricata d’oro e la presentazione ai ragazzi di una protagonista del cinema italiano che ha saputo trasformarsi dalla Anna di Actung, Banditi! alla Lina Cavalieri, sino alla indimenticabile fatina dai capelli turchini del Pinocchio di Comencini, che giungerà intatta nei ricordi di tutti noi, fino alla fine dei tempi.