Le nuove sfide della sanità tra pandemia, PNRR e MES - Le Cronache
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Le nuove sfide della sanità tra pandemia, PNRR e MES

Le nuove sfide della sanità tra pandemia, PNRR e MES

di Roberto De Luca
Nell’ambito della discussione sulla Legge di Bilancio recentemente approvata, focalizzata principalmente sul contrasto agli aumenti dei costi energetici, forse uno dei temi che avrebbe meritato maggiori approfondimenti riguarda il settore sanitario.
Ancora una volta, come è consuetudine nei nostri contributi, vale la pena inquadrare il fenomeno anche con l’aiuto dei numeri. Uno dei dati più significativi per comprendere lo stato dell’arte riguarda, ad esempio, il numero di posti letto ospedalieri: secondo l’Istat, anche per la tendenza verso un modello di rete ospedaliera sempre più integrato con l’assistenza territoriale, negli anni si è registrata una riduzione del numero di ospedali (da 1.378 nel 2002 a 1.045 nel 2019) e della dotazione di posti letto, che è diminuita di circa 80.000 unità, passando da 4,4 ogni 1.000 abitanti a 3,1. Rispetto a tale parametro, l’Italia si colloca al 24° posto della graduatoria dei Paesi Ue e continua ad essere al di sotto della media europea (5,3).
Anche la dotazione di personale ospedaliero ha visto un calo di circa 50.000 unità negli ultimi 20 anni, portando l’Italia a raggiungere un valore di forza lavoro complessiva presente negli ospedali pari a 10,7 per 1.000 abitanti, ben al di sotto anche della media OCSE32 (pari a 14,7).
Altri dati significativi riguardano l’aspetto “infrastrutturale”, che pure mostra rilevanti criticità: oltre la metà delle apparecchiature mediche ha già esaurito la propria vita utile, il 58% del patrimonio immobiliare del SSN è stato realizzato prima del 1970 e presenta circa il 38% di superfici inutilizzate (pari a oltre 2 milioni di mq).
I dati fin qui esposti sono anche la conseguenza delle risorse pubbliche destinate complessivamente alla sanità, in relazione alle quali il nostro Paese si colloca in una posizione sensibilmente inferiore rispetto a quella di altri Paesi europei: a fronte di poco più di 3.000 dollari per abitante spesi in Italia, Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo e Olanda superano i 5.000 dollari, mentre la Germania, con i suoi 6.300 dollari per abitante, si conferma al primo posto. In termini di incidenza percentuale rispetto al PIL, a fronte del 7,1% circa del nostro paese, si registrano valori di Nazioni quali Regno Unito, Francia o Germania, che superano anche il 10%.
L’emergenza pandemica, d’altro canto, ha “costretto” i diversi governi italiani a destinare maggiori risorse al settore sanitario, il cui importo è aumentato dai 115 miliardi nel 2019 a 122,7 e 127,8 per gli anni successivi. Secondo le previsioni del Documento di Finanza Pubblica 2022, tuttavia, dopo il picco della spesa emergenziale degli anni 2020 e 2021, si ipotizzava un ridimensionamento della crescita della spesa sanitaria nel 2022, che sarebbe dovuto proseguire fino al 2024.
In base alla Legge di Bilancio appena approvata, il FSN crescerà invece di ulteriori 2,15 miliardi nel 2023, che si aggiungono ai 2 in più già stanziati dalla manovra precedente, facendo così salire il Fondo a 128,2 miliardi, ipotizzando un incremento simile (circa 2 miliardi) anche per il 2024 e il 2025.
Tali aumenti, ancorchè positivi, non sono certamente sufficienti a recuperare i ritardi accumulati dal settore. Ecco perché sarebbe necessario utilizzare qualsiasi fonte di finanziamento possibile per rafforzare il sistema sanitario, sia dal punto di vista infrastrutturale che da quello degli organici.
Anche in relazione a tale criticità, l’ormai “famigerato” PNRR può rappresentare un forte elemento di sviluppo, atteso che la sola Missione 6 (Salute) ha una dotazione finanziaria complessiva di oltre 20 miliardi per raggiungere diversi importanti obiettivi, tra cui la realizzazione di circa 8.000 nuovi posti letti di terapia intensiva e semi-intensiva, 1.350 case della comunità, 380 ospedali di comunità, 602 centrali operative territoriali e 527 RSA (37.000 posti letto), azioni di digitalizzazione, e così via.
Ad ogni modo, anche in questo caso, il dibattito politico sviluppatosi sull’argomento, mostra ancora una volta contrapposizioni di parte basate quasi sempre su una logica ideologica e di contrapposizione “tradizionale”, come sta avvenendo, ad esempio, per la questione “MES”. Non abbiamo ascoltato molto, purtroppo, sulla visione complessiva e organica dell’impostazione da dare alla sanità e al suo funzionamento: cose si intende fare su temi quali l’edilizia ospedaliera, gli organici, la rete delle emergenze, il rapporto con il territorio, il ruolo dei medici di base, il rapporto con il privato convenzionato, l’assistenza a disabili, anziani e persone non autosufficienti, la riduzione delle liste di attesa?
Come si intende affrontare il tema delle enormi discrepanze in termini di prestazioni garantite e di risorse assegnate tra le diverse aree del Paese?
Probabilmente, per non disperdere la lezione della pandemia e non sprecare – ancora una volta – le risorse pubbliche a disposizione, sarebbe necessario un approccio diverso, organico e strutturato, che tenga conto di tutte le criticità da affrontare e delle soluzioni da elaborare.
“Vasto programma”, si direbbe.
Ma è questo uno dei punti principali su cui si misurerà nel prossimo futuro la capacità dell’intera classe politica (sia maggioranza che opposizione) di mostrare maturità, visione, pragmatismo e competenza, al di là delle battaglie di bandiera.
Sulla salute non si può più sbagliare.