I carabinieri scoprono l’industriale che tradisce la moglie - Le Cronache
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I carabinieri scoprono l’industriale che tradisce la moglie

I carabinieri scoprono l’industriale che tradisce la moglie

Antonio Manzo

“E’ crisi piena” scrive, coscienziosamente, l’appuntato dei carabinieri a commento di quella riga sul brogliaccio delle intercettazioni telefoniche, ancora riportate con i tasti della  macchina da scrivere Olivetti. Non è il verbale di un investigatore privato, bensì quello ben più importante delle pagine di una intercettazione telefonica contenuta nel processo-mostre a Salerno degli inizi anni Duemila denominato <Sea Park>. Il processo è finito, con una raffica di assoluzioni ma purtroppo chiuso anche dall’inevitabile “condanna” pronunciata dalla moglie tradita dal noto industriale salernitano e, fatalmente, riportata con un commento che spiega tutto “E’ crisi piena”. Il carabiniere  sacramenta così l’ascolto del litigio tra e marito e moglie, con un commento che avrebbe potuto da solo essere un capitolo dell’opera “Intercettare. Estetica dello spionaggio” del filosofo e musicologo francese Peter Szendry. Se l’industriale beneficia dell’assoluzione in tribunale, dopo un processo durato ben dieci anni tra richieste di rinvii a giudizio e sentenze finali,  non altrettanto può esultare per quella “condanna” inappellabile raggiunto da una invasiva imputazione “telematica” per la tenuta della sua famiglia. L’industriale beneficia della raffica di 36 assoluzioni dalla roboante accusa di associazione a delinquere e concussione per aver tentato, soprattutto i politici, di salvare il posto di lavoro ad oltre 200 operai dell’ex Ideal Standard che chiude.  L’industriale viene intercettato perché imputato nel processo-monstre <Sea Park> dell’area industriale di Salerno insieme al governatore della Campania Vincenzo De Luca e al suo ex capo della segreteria particolare Mario De Biase, diventato poi sindaco.

E’ proprio uno dei processi-monstre di Salerno, tra i tanti in Italia,  che dovrebbe indurre il ministro Nordio a tenere fermo il suo progetto della cosiddetta “rivoluzione” giudiziaria anche per le clamorose assonanze che si ritrovano nei suoni offerti dal ministro Nordio a partire dalla disciplina sulle intercettazioni giudiziarie. Non è solo per il caustico commento del carabiniere all’ascolto del litigio familiare che è eclatante ma anche nell’utilizzo delle intercettazioni telefoniche.  Le indagini preliminari <Se Park> sono state svolte “in maniera non completa e non corretta” sostiene nella requisitoria del processo salernitano   il pubblico ministero di udienza. E’ un processo giunto in aula con un sostituto procuratore che denuncia indagini illegittime, quindi anche a partire dall’ imputato Vincenzo De Luca, che è telefonicamente intercettato,  all’epoca  deputato in carica senza neppure la richiesta alla Camera la necessaria autorizzazione a procedere. Ma neppure questo clamoroso errore procedurale impedisce al presidente della commissione antimafia, la piddina Rosy Bindi, di inserire De Luca quale candidato “impresentabile” alla presidenza della giunta regionale addirittura pochi giorni prima del voto.  Le intercettazioni illegittimamente svolte in danno di De Luca con provvedimento del giudice vengono distrutte (i cd contenenti le conversazioni non le fotocopie).

Una condanna morale e politica espressa sulla base di notizie desunte da una indagine-farlocca sfociata in 40 assoluzioni, dopo che gli imputati rinunciano ad avvalersi della prescrizione,  pur di affrontare un giudizio penale,  per loro più che positivo.  Non secondario il fatto che proprio nell’inchiesta  svolta con modalità non complete e non corrette, il gip,  clamorosamente ma giustamente, rigetta la richiesta del pm in ben ripetute tre richieste di arresto, a partire da De  Luca e De Biase.  Se a De Luca andò male, a De Biase ancora peggio, perché dovette subire il sequestro della sua abitazione (non certamente una villa megagalattica) e, alla fine, non trova neppure il pagamento del Comune per gli avvocati difensori che a lui spettano. Sono argomenti non indifferenti perché il ministro Nordio vada avanti, fino in fondo. Anche per riscattare la bugia di Berlusconi quando nel giugno di ben dodici anni annuncia trionfante di aver blindato il ddl sulle intercettazioni.  “Si voti, si blindi il ddl intercettazioni”.  Poi avviene di tutto, come se non fosse bastato quel che era già avvenuto nella giustizia vista con il buco della serratura.  A partire dalle inchieste sulla trattativa Stato mafia, finite miseramente ma che mettono nel mirino perfino l’allora capo dello Stato, Giorgio Napolitano oltre che l’ex ministro dell’Interno Mancino e l ex deputato dc Lillo Mannino.

 A Salerno avviene qualcosa di meno, ma non meno importante. Lo scontro telefonico dell’industriale avuto con la moglie all’ora di pranzo che per l’ennesima volta non rientra a pranzo, impegnato con la sua segretaria prima a ristorante e poi in albergo è  solo un capitolo storytelling sulle intercettazioni all’italiana. L’episodio, tra il boccaccesco e il giudiziario, rientra a pieno titolo  nella saga delle intercettazioni che hanno segnato il romanzo criminale di un Italia che ha speso fiumi di danaro per ascoltare i telefoni dei presunti imputati anziché ammodernare carceri. Che, spesso, non hanno ospitato neppure i protagonisti, presunti imputati perché assolti perfino con formule piene. Ed ora Nordio vada avanti. Il tema delle intercettazioni è molto seguito da una opinione pubblica attenta e sensibile. Vada avanti Nordio, non ascolti le ipocrite critiche sui presunti bavagli, fatte da giornalisti inconsapevoli del danno alla democrazia che arrecano in nome di un giustizialismo di piombo. Che non è affatto libertà di  stampa, ma solo anticamera del disconoscimento della dignità umana. In poche parole, lo sputtanamento autorizzato  da fascicoli di intercettazioni, forniti spesso dagli stessi magistrati ai giornalisti.