L’abuso di ufficio al limite della costituzionalità - Le Cronache
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L’abuso di ufficio al limite della costituzionalità

L’abuso di ufficio al limite della costituzionalità

di Davide Ferrazzano*

Sono trascorsi appena due giorni dalle dichiarazioni rese dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio, e già si è acceso un ampio dibattito sul contenuto del programma presentato in Commissione Giustizia del Senato.

Non tradendo la propria fede garantista, il Ministro ha proposto una serie di riforme su temi da anni annunciati, che hanno infuocato nelle scorse legislature il confronto su una delle materie su cui l’Europa ci sollecita da tempo ad intervenire ma che non hanno mai visto la luce.

Tra i temi affrontati per la riforma del sistema penale spiccano la separazione delle carriere tra PM e Giudici, il rafforzamento della presunzione di innocenza e la riforma delle intercettazioni, il contrasto all’abuso della carcerazione preventiva, la revisione dei reati della Pubblica Amministrazione, nonché più pene alternative al carcere.

Nel discorso programmatico di Nordio, torna l’annosa questione della separazione dellecarriere: “non ha senso che il PM appartenga al medesimo ordine del Giudice perché svolge un ruolo diverso”.

L’esigenza di una separazione vera tra PM e Giudici, spiega il Ministro, si è presentata già dal 1988 con le modifiche al codice di procedura penale, c.d. riforma Vassalli; prima di allora la Polizia Giudiziaria svolgeva indagini con un margine di autonomia e consegnava gli esiti al PM che garantiva un filtro.

A seguito della riforma, invece, essendo diventato il PM una parte pubblica, secondo il Ministro non ha più senso che appartenga in tutto e per tutto al medesimo ordine del Giudice, anche in ossequio al principio di terzietà del Giudice come previsto dall’art. 111 della Costituzione.

Tuttavia, questa modifica richiede un intervento sulla Costituzione, secondo la quale i magistrati si distinguono solo per funzioni.

Sarà necessario, pertanto, procedere con l’iter previsto per le riforme costituzionali: quattro votazioni sullo stesso testo ad intervalli di tre mesi, a ben vedere un percorso di più di un anno se non si presentano imprevisti, che deve farsi strada nel calendario degli impegni parlamentari mettendo alla prova la debolezza dell’attuale maggioranza al Senato che può contare su numeri esili.

Sono ben note le tesi contrapposte tra coloro che auspicano in chiave garantista una vera riforma del sistema giudiziario e coloro i quali si oppongono alla separazione della carriere, lamentando così la sottoposizione dell’ordine giudiziario al potere politico ed indebolendo l’efficacia dell’azione investigativa per accertare le responsabilità degli autori di gravi reati.

Inoltre, le proposte più incisive comporteranno la revisione costituzionale nel segno di una “riforma garantista e liberale” fondata sulla presunzione di innocenza che, ad avviso del Ministro, è stata finora “vulnerata da un uso eccessivo e strumentale delle intercettazioni, con adozione della custodia cautelare come strumento di pressione investigativa”.

Nelle intenzioni, il Giudice delle indagini preliminari dovrà esserespogliato della competenza a decidere sulle richieste di arresti cautelari delle Procure affidandola a collegi di giudici incardinati nelle Corti di Appello.

La ragione della futura modifica risiede nell’assegnare tale ardito compito a Giudici più esperti ed anziani in grado di garantire maggiore ponderatezza ed omogeneità di indirizzo.

Al riguardo, però, resta da capire se tale ultimo proposito non possa ulteriormente rallentare i tempi della giustizia, tenuto conto del carico di lavoro di cui sono già investite le Corti di Appello, con durata dei processi di oltre mille giorni, dieci volte più che in Europa, e con un organico sottodimensionato.

Sicuramente il tema più scottante è quello legato all’introduzione di nuove regole per le intercettazioni e che investirà non solo i reati previsti, ma anche la modifica delle procedure di autorizzazione.

L’ampio ricorso alle intercettazioni che si fa in Italia “sarebbe legato al fatto che da mezzo di ricerca della prova, sono diventate uno strumento di prova”.

Inoltre, usarle in maniera così indiscriminata avrebbe un costo elevatissimo che non si giustifica dagli esiti dei processi in Italia.

Secondo il Ministro, accade con una certa frequenza che le informazioni sulle indagini e le intercettazioni vengano pubblicate dai giornali, anche quando sono coperte da segreto, e questo è un problema soprattutto nei casi in cui tale diffusione venga usata strumentalmente contro persone comuni o politici in modo deliberato.

Non sfugge come in questi casi si assiste ad una violazione sostanziale dell’art. 15 della Costituzione che fissa la segretezza delle comunicazioni come interfaccia della libertà.

Le intercettazioni non sono solo quelle telefoniche, a cui siamo più abituati ad associare il termine, ma anche quelle “ambientali” e “direzionali” (cioè fatte con microspie o con particolari microfoni).

Tra le altre menzionate ci sono le intercettazioni “telematiche”, cioè fatte attraverso l’acquisizione di dati in rete, e quelle fatte con “trojan”, virus installati su un apparecchio elettronico, che però in Italia sono possibili solo per alcuni reati molto gravi.

L’intervento dovrebbe incidere sia sul ricorso a questo strumento sia sulla diffusione dei contenuti, in quanto il suo abuso ha rappresentato finora “strumento micidiale di delegittimazione”.

Anche l’abuso di ufficio è stato oggetto di attenzione, in quanto, per il Ministro Nordio, genera un atteggiamento attendista negli amministratori intimoriti.

A tale riguardo, ha citato statistiche “a dir poco allarmanti” sottolineando che su 5.400 procedimenti nel 2021 gli stessi si sono conclusi con 9 condanne davanti al GIP e 18 in dibattimento, sicchè tali processi “hanno un costo in termini di risorse umane e materiali insostenibile”.

La ragione di una modifica della norma è chiara, essendo il reato al limite della costituzionalità per mancanza di tassatività e determinatezza, fondato esclusivamente sull’abuso dei poteri del pubblico ufficiale, quindi di difficile definizione normativa e riscontrabilità pratica.Bisognerebbe rendere la norma il più definita possibile, il che non è facile.Infine, gli interventi riguarderanno anche le carceri dopo “il dolore per la sequenza di suicidi”.È ben noto che il sistema carcerario è da sempre tema spinoso, per carenze strutturali e di risorse, laddove il Guardasigilli ha annunciato che il Ministero si sta attivando per limitare i tagli previsti dalla legge di bilancio promettendo attenzione alla salute dei detenuti e puntando su pene alternative: “certezza e rapidità della pena non significano sempre e solo carcere”.Pertanto, oltre ad un potenziamento delle strutture per i reati minori, per il Ministro più concreta deve essere l’esecuzione di una pena alternativa, tenuto conto che il numero delle condanne è incompatibile con la capienza del sistema carcerario.Resta, comunque, da vedere se i fatti seguiranno le intenzioni: una riforma così ampia e profonda implica non solo alcune correzioni alla Costituzione, ma soprattutto la capacità di reggere un confronto politico che sarà aspro in Parlamento e nel Paese.

  • avvocato