Tropiano: Un frantoio su 10 decide di non aprire - Le Cronache
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Tropiano: Un frantoio su 10 decide di non aprire

Tropiano: Un frantoio su 10 decide di non aprire

di Erika Noschese

Un frantoio su dieci, in provincia di Salerno, ha deciso di non riaprire, impossibilitato a sostenere i costi degli aumenti e mettendo in crisi non solo tutta la filiera ma anche quella comunità che ha solo quella struttura sul territorio. A lanciare l’allarme Vincenzo Tropiano, direttore di Coldiretti Salerno che evidenzia tutte le difficoltà che oggi vive il settore relativo alla produzione di olio, a partire dalla mancanza di manodopera per la raccolta delle olive. Altro allarme lanciato dal direttore Tropiano è quello relativo al cibo sintetico, carne o latte: «Si maschera questa moda parlando di una finta eco sostenibilità o del rispetto degli animali ma non solo si mettono in crisi aziende e produttori ma ci potrebbero essere danni importanti per la nostra salute». Direttore, oleifici in crisi e aumento delle materie prime. In provincia di Salerno, la situazione sembra essere abbastanza complessa… «L’aumento delle materie prime c’è stato e perdura, sono aperti i frantoi che si sono dovuti confrontare con l’aumento dei costi energetici, assolutamente rilevante; i costi di molitura sono raddoppiati, arrivando a circa 14 euro al quintale e questo va ad impattare in maniera negativa sull’incidenza del costo di molitura sul prezzo finale. Stiamo notando una progressione di aumenti di costi energetici che necessariamente vanno a finire su quello che è il prezzo finale al consumatore della bottiglia d’olio; sicuramente l’impatto c’è sul consumatore ma è sostenibile in funzione dell’uso che se ne fa dell’olio, relativo al consumo su scala settimanale o mensile così come giornaliero. C’è un problema relativo all’aumento dell’energia elettrica ed è un dato da non sottovalutare». Il caro bolletta dunque incide in maniera importante… «Assolutamente sì specialmente su queste filiere dove il costo energetico delle moliture è importante: noi abbiamo avuto un’annata che, dal punto di vista climatico, ha favorito molto la qualità dell’olio perché è stata un’annata secca e questo ha consentito lo sviluppo di olive senza attacchi di parassiti; il caldo umido è sempre un problema per le olive e quest’anno, venendo a mancare l’umido, c’è stato il clima perfetto per le olive. L’aumento dei costi energetici sta provocando problemi per quanto riguarda i frantoi, considerando la resa in olio e il maggior costo della molitura oltre alla grandissima difficoltà che si registra per la manodopera impegnata nella raccolta delle olive, elemento, questo, da non sottovalutare – è un disposto combinato che non favorisce lo sviluppo della filiera». In questo senso, il governo nazionale potrebbe fare qualcosa attuando misure ad hoc? «Più che il governo nazionale possono farlo i consumatori, scegliendo l’olio italiano. Non dobbiamo sempre chiedere al governo nazionale che sicuramente dovrà occuparsi dell’aumento dei costi energetici ma questo è un problema per tutte le filiere e per tutte le famiglie; noi possiamo aiutare le nostre produzioni nazionali scegliendo prodotti italiano: quindi, dobbiamo prestare attenzione alle etichette perché anche se costa un euro in più al litro garantisce la nostra salute, la salubrità, il rispetto del nostro territorio e del nostro ambiente ed impedisce la desertificazione delle campagne». Quante sono le attività a rischio chiusura in provincia di Salerno? «Hanno scelto di non riaprire un’attività su dieci. È ancora un numero allarmante perché sono attività che vivono nelle campagne, nei territori e quando un’attività chiude sul territorio va in crisi tutta la filiera che c’è intorno; se un frantoio sceglie di non aprire è un problema per tutto il territorio. Detta così, infatti, il numero sembra basso ma vi assicuro che il dato è particolarmente allarmante, anche considerando che in un solo frantoio entrano tonnellate e tonnellate di olive. Non aprire un frantoio significa mettere in crisi un’intera comunità». La crisi attanaglia anche, più in generale, il settore dell’agricoltura… «Noi abbiamo un problema serio oggi che deriva da quello che è un fenomeno che sta prendendo piede in Europa, legato ai cibi sintetici e questo è il vero problema che l’agricoltura ha oggi. C’è una tendenza a livello nazionale ed europeo di immettere nella testa dei consumatori che il cibo sintetico, e intendo carne sintetica o latte non munto ma di laboratorio, mascherato ad una presunta ecocompatibilità o rispetto del benessere animale sia la strada giusta e, anche attraverso i media, emerge che consumare latte sintetico non crea problemi alle mucche e così per la carne sintetica ma nuocono gravemente alla salute, entrando a far parte della nostra Dieta mediterranea, patrimonio riconosciuto. Sono elementi che non fanno parte della nostra cultura e non abbiamo certezza sul rischio che provocano. È una moda ormai ma è un problema enorme che ci ritroveremo a combattere nei prossimi anni».