Un essenziale e ferrigno Romeo e Giulietta - Le Cronache
Spettacolo e Cultura Danza

Un essenziale e ferrigno Romeo e Giulietta

Un essenziale e ferrigno Romeo e Giulietta

Debutto fausto del corpo di ballo del Teatro Verdi di Salerno, composto dopo serie selezioni. La vincono i solisti Anbeta Toromani e Alessandro Macario, già applauditi amanti per il regista e coreografo Massimo Moriconi al Globe Theatre di Roma nel 2013

 

Di Olga Chieffi

 Degno debutto del Corpo di ballo del Teatro Verdi di Salerno, voluto da Daniel Oren e dalla direzione del massimo, su uno dei titoli più coinvolgenti del balletto russo, il Romeo e Giulietta di Sergej Prokofiev. Massimo Moriconi, ha firmato coreografia e regia non certo dimentico dell’acclamata produzione del 2013, ospite del Globe Theatre di Roma diretto da Gigi Proietti. Nella Verona Medievale schizzata da Alfredo Troisi, che predilige i colori scuri, quasi a premonizzare la tragedia imminente, unitamente alle proiezioni di nuvole e tempeste, inutili, in particolare nel terzo atto, poiché ogni minima emozione è in partitura,  lo spazio in sé si “muove”, grazie ai colori dei vestiti , firmati da Luca Dall’Alpi, dei membri delle due famiglie nemiche e comunica, e i danzatori vi giocano con creatività. Colonne pesanti con contrafforti e muri oscuri lasciano trapelare spiragli di luce – in quei pochi, significativi momenti di speranza della tragedia shakesperiana – per poi richiudersi nell’ombra. Crediamo fortemente che Romeo e Giulietta sia uno dei vertici del gusto musicale novecentista, dove un sapido senso neoclassico  precipita a mordere per pura virtù di stile una sostanza sentimentalmente tellurica. Prokof’ev investì la leggenda shakespeariana di astratti sapori e furori. La partitura pare un gioco di maschere, un torneo lugubre e colorato, un risucchio di gestualità musicale spinto verso l’angoscia della morte, della distruzione e dell’infelicità. Massimo Moriconi nella sua coreografia riesce a contenere tutto ciò , trasformandolo in un rituale di tecniche d’agilità che si rovesciano come un guanto in una cerimonia rammemorativa, ma crudele. Il passo dei danzatori in Romeo e giulietta è spesso condotto al segno dai suoni schiacciati degli ottoni, scandito sul colpo puntato dei timpani, e gli archi hanno funzione d’insinuazione, specchiano la vertigine dei sentimenti, e della lotta aspra, sensuale delle anime. I due protagonisti devono comunicare tutto questo. Anbeta Toromani è stata in grado di unire con trasporto e abbandono, quell’atmosfera che va dalla obbedienza alla più dura delle ribellioni per la difesa dei propri sentimenti, proprio nell’istante in cui scopre, con grande meraviglia, il senso incontenibile dell’attrazione del bel Montecchi, ribellandosi ad una femminilità imposta dai genitori, il crudele padre interpretato da Luigi Ferrone, che la vuol picchiare con la cinghia, e la madre incarnata da una sempre affascinante ed elegante Corona Paone Roberta che ruba l’occhio per interpretazione sulla scena, anche nel disperatissimo compianto per la morte di Tebaldo, interpetrato da Raffele Vasto. Suggestivi e carichi d’emozione i due pas de deux di Romeo, interpretato da Alessandro Macario, pulito nelle linee e ottimo interprete di vibrazioni sentimentali, mai scontate e affettate, ma frutto di una profonda rielaborazione della parte e Giulietta, che hanno dispiegato sulla scena i movimenti dell’amore, dell’attrazione e del dolce spavento dell’innamoramento. Drammatico il finale, dove Romeo cerca di far danzare il corpo inerme della sua Giulietta, cercando di ripercorrere proprio gli attimi, dunque e i passi, di quello straordinario passo a due della scena del balcone. Un momento di assoluta difficoltà, questo, per i due interpreti in cui la giovane Capuleti è come un fantoccio mosso, come corpo morto, dal  dolore  del ricordo del suo amore. Nota di merito per Mercuzio, un acrobatico Alex Yordano de Armas Perèz e per la nutrice Morgan Tallot per la scena della lettera e la morte teatrale. A completare il cast il brillante Paride di Salvatore Esposito, il padre di Romeo Vittorio Malangone, Frate Lorenzo interpetrato da Simone Vallese e il Benvolio di Alex Gattola. Corpo di ballo formato da venticinque ballerini con Ludovica Capozzoli, Luca Carannante, Emanuele Chiesa, Valentina Chiulli, Andrea Curci, Sveva De Meo, Vania De Rosas, Flavio De Vargas, Pierpaolo Di Carlo, Angelo Vincenzo Egarese, Susanna Elviretti, Sara Esposito, Laura Faticanti, Elena Marchesi, Roberta Maresca, Salvatore David Marigliano, Michela Mazzoni, Mara Salvaggio, Lorenzo Stingone, Michele Storto, Rebecca Testa, Chiara Toffoli, Giovanni Traetto, Germano Trovato e Douglas Zambrano, scelti tra quattrocento partecipanti alle audizioni estive, tra cui nessun salernitano. Moriconi e i ballerini non si sono negati al languore, tra le note di un Prokof’ev che inchioda la dinamica al metronomo e toglie ogni margine sentimentale possibile alla propria musica, duro, incattivito, straziato il suo racconto d’amore e morte che, seppur, ferrigno ha raccolto il convinto applauso del pubblico che ha affollato il teatro nella due giorni di repliche.