Una processione non vale cento Messe - Le Cronache
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Una processione non vale cento Messe

Una processione non vale cento Messe

Tuona Don Michele Pecoraro contro il nulla di un percorso che non è più un momento di alta spiritualità come è la celebrazione eucaristica, la lettura del Vangelo, l’ascolto della Parola di Dio. Tutto è divenuto immagine ed apparenza

 Di Olga Chieffi

 Oggi siamo molto soli  non nel senso che la solitudine sia un’eccezione, perché è una dimensione propria dell’essere umano, ma siamo soli perché isolati, ognuno chiuso nella propria monade, incapace di rapportarsi all’altro in modo aperto e carico d’amore. La nostra religione è l’opposto di questa situazione, perché è costitutivamente dialogo. La cattiva “paideia”,  ha portato ad una società dei conflitti, alla produzione di “Legni storti”, per dirla con Kant, per una mancata educazione all’umanità positivamente intesa, non ci si pone, in questo modo, più alla ricerca della verità. Siamo vittime di una deprivazione pathica, insensibilità alla differenza, che ha il suo fondamento nell’illusione della ricerca di un senso della vita nelle cose in-differenti e non piuttosto nell’evento del sentire, nell’emozione vissuta. Ha tuonato Don Michele Pecoraro alla nostra richiesta di indicare come ci si preparasse al percorso, alla processione che oggi attraverserà la città di Salerno. “Cento processioni non valgono una sola Messa – ha affermato il parroco – la nostra è una delle religioni più semplici e spirituali che esistano, in dialogo continuo con Dio, per questo ha conquistato immediatamente i popoli. Il Vangelo è il più grande bestseller della storia. Oggi si è perso l’abitudine al raccoglimento, all’ascolto. La processione è divenuta quasi una vetrina, è altro, è folklore. Ad esempio, in un momento difficile, come questo, settemila euro di fiori per l’addobbo delle statue sarebbero stati di gran lunga meglio nelle mani di chi ne ha veramente bisogno. Ma è difficile da proporre una soluzione di questo genere a quanti si ritrovano in una tradizione materiale, non spirituale. L’abbassamento culturale, poi, ha fatto il resto, poiché certo non è semplice leggere e interpretare un testo sacro, o calarsi nell’agiografia, ma io sono qui per questo, mi si chiama in qualsiasi momento e io sono a disposizione per mettere chiunque in condizione di avvicinare e intendere la Parola di Cristo o la storia dei Santi”. Fede e filosofia in questi tempi collimano, ricordiamo Aldo Masullo protagonista di un’anamnesi storica del nichilismo, quale pensiero ossessionato dal nulla, definizione che si è tentati di ritrovare un po’ ovunque nella storia della filosofia occidentale, partendo da Eraclito, secondo il quale ogni essenza mortale nel momento in cui nasce perisce, fautore di un nichilismo razionale, direi, insieme a Gorgia, per il quale “Nulla è; ma, anche se fosse, non sarebbe conoscibile; e anche se fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile (anhermèneuton)”, al quale ha opposto il nichilismo “ragionevole” di Parmenide ereditato da Platone, per i quali Nulla è, ma tutto esiste, segnante la nascita della metafisica, contaminazione della ragione e baluardo contro il nichilismo razionale che sgomenta. Il discorso continuava con l’illustrazione del nichilismo nietszchiano, prima attraverso la “seconda inattuale”, attraverso cui ha introdotto i concetti di memoria e tempo e di storia, baluardo moderno contro il Nulla, seguita dall’assunto principe della svalutazione dei valori. Il nichilismo è dunque, il processo storico nel corso del quale i supremi valori tradizionali – Dio, la verità, il bene – perdono il valore e periscono. In assenza dell’universale, che si dimostra irraggiungibile, tutto si equivale e nulla vale, aprendo la porta all’indifferenza, male della nostra società, che porta all’incultura e all’assenza di critica e dialogo. Si giunge così ai nostri tempi, tempi usa e getta (anche la coscienza e i sentimenti: “disvivere più che vivere”), caratterizzati dalla caduta di ogni garanzia istituzionale, di ogni autorità, di ogni protezione, dalla vita quotidiana intesa come consumo veloce, consunzione oscura, spendita e ricarico inerti, abbandono, cieca soddisfazione-sopraffazione. “Quando i supermercati non chiusero più di domenica – ha continuato Don Michele – pensai che eravamo stati condannati ad un continuo mercato 24 ore su 24, senza più un momento per fare altro, per venire in chiesa, ma anche solo per sedersi dietro una scrivania a leggere un libro, per uscire con la famiglia. Ne scrissi, ne parlai ed i miei timori sono stati confermati. Si è perso oggi ogni punto di riferimento alto, schiavi di un’alienazione imperante. La risoluzione può passa per i predicatori profetici, come le eccellenze che ho invitato per questa settimana di preparazione alle celebrazioni di San Matteo, parole che abbagliano, che toccano, che supportano la fede. Il percorso vero è questo, poi si può uscire anche in processione, ma bisogna essere consapevoli della figura che si va ad onorare, che non è certo la statua in sé, ma l’opera del Santo”.