Le Cotoniere e il Cavaliere del Lavoro Aniello Basso - Le Cronache
Attualità

Le Cotoniere e il Cavaliere del Lavoro Aniello Basso

Le Cotoniere e il Cavaliere del Lavoro Aniello Basso

di Salvatore Memoli

La storia delle Cotoniere di Fratte e la vita di molti uomini e donne che vi hanno lavorato sono unite da un legame forte e carico di ricordi. Bastarono agli svizzeri quattro anni, dopo il 1831,per capire che l’investimento era produttivo. Nel 1835, la ditta Vonwiller divenne la società in accomandita semplice “Schlapper Wenner e c.”, mentre lo stabilimento i iniziale venne potenziato ed ampliato con reparti di candeggio e di tintoria nonché una stampa a mano delle stoffe prodotte. In questo modo le industrie cotoniere diedero lavoro a centinaia di persone. Molti operai presero un alloggio a Fratte tanto che il quartiere raggiunse 3000 residenti.
Nei primi sei mesi di lavoro agli operai che erano in prova non veniva corrisposto nessun salario, superata la prova ricevevano una paga di lire2,50 oppure di lire 3,00. Per loro era un risultato che garantiva un buon salario mensile.
Le cose ebbero per molto tempo un buon andamento, con la prima guerra mondiale gli svizzeri cominciarono ad allontanarsi da Fratte e ridussero di molto la lavorazione tanto da creare molti disoccupati.
Le maestranze di Fratte hanno avuto sempre una posizione di avanguardia nella difesa dei loro diritti. Erano veramente numerosi. Si racconta che all’entrata ed all’uscita dai turni di lavoro, si formavano lunghe ed ininterrotte file di persone che camminavano a passo sostenuto ed erano circa 10000!
Con la fine della guerra mondiale, si ebbe la riorganizzazione dell’industria sotto il gruppo Manifatture Cotoniere Meridionali.
Tra questi lavoratori ci sono stati tanti familiari di frattesi. Uno, in particolare, mi torna alla mente perché la memoria sollecita il suo ricordo: Aniello Basso.
Mio nonno materno era entrato giovanissimo nelle Cotoniere, aveva 15 o 16 anni, dopo il suo rientro da New York dove viveva con la sua famiglia.
Le Cotoniere rappresentarono il suo colpo di fortuna, sia per aver trovato lavoro che per il buon salario che gli consentiva di essere utile alla famiglia, rimasta priva del genitore.
Mio nonno Aniello Basso ha lavorato per più di 40 anni nelle Cotoniere di Salerno. In quello stesso periodo in ogni famiglia c’era una persona che lavorava nelle Cotoniere. I suoi racconti erano parsimoniosi ma le cronache ci hanno fatto capire l’importanza di quelle maestranze che operosamente consentivano di distribuire ai mercati mondiali i pregevoli tessuti salernitani. Mast’ (Maestro) Aniello lavorava nel settore più delicato ed al tempo stesso pericoloso della trafila dell’intera produzione. Si occupava di colori, del loro abbinamento, della loro preparazione, della combinazione di colori, insomma la bellezza di quelle produzione dipendeva da lui, nel bene e nel male. Poteva capitare che nell’infinita gamma di colori non si riusciva ad avvicinarsi al colore prestabilito nella prova, creando un panico industriale con responsabilità a suo carico. Queste cose saranno capitate perché rappresentavano un fallimento per lui, esperto e provetto nell’abbinamento e competente sulla natura dei colori, sulla loro tenuta sui tessuti e sulla loro importanza per migliaia di metri di stoffa che attraversavano le rotative. In altri tempi sarebbe stato un chimico industriale, un esperto posto nel cuore della produzione, da cui dipendeva il lavoro a catena di migliaia di persone e la stessa produzione da inviare ai mercati. Aniello Basso fu assunto prestissimo dalle Cotoniere. Al suo rientro da New York dove viveva felicemente con la famiglia  aveva alle spalle un ricordo bello e brutto dell’America. Bello per la modernità della vita che agli inizi del 1900 permetteva di avere in casa telefono, macchina dei panni, elettrodomestici ed un tenore alto che in Italia non aveva riscontro se non nell’alta borghesia. Eppure era partito con una nave d’immigrati in compagnia del padre e della madre, per un viaggio di oltre un mese di cui sono state trovate le registrazioni e le annotazioni perfino dei dollari di cui disponevano in viaggio. In America nacquero successivamente suo fratello Giovanni e la sorella Anna. Una piccola famiglia che si avviava ad un’integrazione naturale in quella cultura americana fortemente inclusiva e premiante per chi aveva determinazione e capacità lavorative. La morte del padre fece cambiare tutti i programmi ed impose il rientro forzato in Italia, dove arrivarono con una buona disponibilità economica e zero prospettive per il futuro. Terminata la scuola, quanto bastava per  avere una discreta autonomia, nonno Aniello si avviò al lavoro e ben presto assunse posti di responsabilità nel mondo del lavoro. Fu taciturno, conservò, forse, quell’amarezza che la vita aveva presentato, non ne fece un dramma ma fu il suo mondo segreto in cui nessuno poteva entrare. Era un giovane bello, alto, elegante, raffinato ma per niente chiassoso. Realizzò nella sua vita obiettivi importanti, una bella famiglia numerosa per arricchire la sua famiglia di provenienza. I miei ricordi lo vedono sempre al ritorno di pomeriggio dal lavoro, con il suo doppiopetto, con la bianca camicia e la cravatta, tra le mani una cartella professionale dalla quale tirava fuori per i bambini, pezzi di cioccolata, marmellate e confetti bianchi. Gli stessi che aveva nel cassetto della sua scrivania personale dove s’intratteneva molto tempo a scrivere e fare conti. Il qualificato tecnico, dopo il lavoro era un padre affettuoso, un bravo contabile che gestiva come responsabile un circolo ricreativo che ha fatto storia a Cappelle e che aveva un sistema di raccolta mensile di piccolo risparmio dei suoi soci che permetteva una grande disponibilità finanziaria. La parte rilevante della raccolta la custodita in banca, la parte corrente era chiusa in quel cassetto della scrivania, sempre disponibile per quei soci che chiedevano un prestito restituito mensilmente con piccole rate. Le famiglie hanno fatto di tutto con quelle anticipazioni: matrimoni, costruito case, dato soluzioni ai bisogni individuali e familiari. Mio nonno era il garante di questi flussi finanziari che sono stati gestiti con rigorosa serietà.
Tutta la vita lavorativa di mio nonno é trascorsa nelle Cotoniere, oltre a chilometri di stoffe sotto i suoi occhi é passata la storia di tanti lavoratori. Piano piano aveva fatto progressi nel lavoro ottenendo la fiducia dei dirigenti e molte gratificazioni.
Al termine della sua lunga carriera, la Presidenza della Repubblica, con una solenne cerimonia, a Roma, nel Quirinale, gli conferì l’importante riconoscimento di Cavaliere del Lavoro.
Un premio dato al lavoratore, alle Cotoniere ed alle maestranze di Fratte che ha dato lustro ad una storia personale ed aziendale piena di ambiti traguardi della produzione, economici e sociali.