Daniel Oren: il debutto più bello - Le Cronache
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Daniel Oren: il debutto più bello

Daniel Oren: il debutto più bello

Il maestro ha provato, per la prima volta, nel suo teatro, il piacere e la responsabilità di tenere una masterclass di direzione a dieci direttori in erba. Un progetto che gli piacerebbe replicare il prossimo anno in questo periodo, prolungando i giorni di corso

 

Di Olga Chieffi

 

Ognuno di noi riconosce un maestro nella vita, sia che l’abbia incontrato nell’ambito scolastico, sia in quello sportivo o artistico. Il docente, l’istruttore, l’insegnante, che divengono maestri di vita, ovvero coloro i quali, guidando la giovinezza, indirizzano il futuro, essendo consapevoli di questa gravosa responsabilità, coloro i quali prima di approcciare la tecnica di un qualcosa, sanno di dover formare l’uomo nuovo, l’uomo d’oro, attraverso giochi seri, quali sono l’arte, lo sport o l’intera scienza, che sono specchio della vita, riescono a trasmettere e ad imprimere per sempre nel discente le proprie qualità etiche, unitamente a quel libero e armonico esercizio di facoltà particolari che li accomunano. Ha provato per la prima volta Daniel Oren questo “piacere” misto, per dirla con Aristotele, debuttando nel suo teatro nel ruolo di docente di una masterclass di direzione che apre ad un autunno del Verdi di Salerno, che pone al suo centro l’alta formazione. Quattro giornate per dieci allievi e diversi uditori, intervenuti per lasciarsi infiammare da una scintilla accesa dalla parola di Daniel Oren o dalla punta della sua bacchetta “ E’ la prima volta che accetto di tenere una masterclass – ci ha rivelato il Maestro – ma ora mi sono reso conto che è giunto il momento di ricambiare ciò che da giovane mi è stato donato ed è tantissimo. In questi quattro giorni, troppo pochi per toccare la tecnica, riuscire ad incidere con pienezza, ho cercato di inculcare nei ragazzi il concetto che si deve andare oltre la tecnica, il gesto, la lettura, che senza fraintendimenti devono essere studiati e approfonditi, ma, su tutto, bisogna cercare di “dire” qualcosa di nuovo, di muovere le emozioni”. I suoi primi passi nella direzione d’orchestra? Chi la ha avvicinata al podio? “I miei genitori hanno scelto per me i miglior maestri in Israele, poi mi sono diplomato a Berlino presso la Musikhofschule grazie ad una borsa di studio che il governo israeliano elargiva ogni anno per i giovani artisti promettenti, alla corte di Herbert von Karajan. Ma io ho un ricordo indelebile quello del Maestro Franco Ferrara, mirabile violinista ed eccezionale direttore. Avevo 18 anni, ero ai corsi della Chigiana e mi insegnò ad inseguire la musica, il suono, la sua orchestra era “piena di suono”. Non bisogna essere schiavi della perfezione del gesto, del tempo, della lettura. Non è che ci si riesce a capire tanto con Ferrara, con Karajan o anche con Gergiev o con Carlo Maria Giulini che portava tutto lento, ma il suono delle loro formazioni, delle loro interpretazioni sono intuibili dopo le prime frasi”. Quale repertorio avete affrontato? “Ho ingaggiato due cantanti e così abbiamo potuto studiare qualcosa della Madame Butterfly, Tosca, Nabucco e per il repertorio sinfonico la VII sinfonia di Beethoven. Ma è difficile avere un’orchestra completa dinanzi. I primi due giorni abbiamo avuto solo il pianoforte in sala, invece gli ultimi due l’orchestra al completo. Stare sul podio con l’orchestra dinanzi è ben altro. Franco Ferrara ingaggiava un’orchestra dell’Est Europa e ci faceva esercitare, altrimenti anche io ho lavorato solo con i dischi e il pianoforte, fin anche nella prestigiosa Berlino. Al mio primo concorso mi trovai in grande difficoltà e non voglio che accada anche a questi ragazzi”. Muovere le emozioni ha detto, anche sacrificando qualche nota, qualcuno dei corsisti è riuscito? “Posto che i maestri da cui provengono non hanno spiegato loro come si tenga la bacchetta in mano, sono troppo legati allo spartito alla giustezza dei tempi e non si riesce così a far Musica, a trasmettere al pubblico. Allora io che credo, nella cosiddetta “imitazione” al modello, ho diretto per loro il duetto che chiude il I atto della Butterfly e mi è stato riferito che son scorse calde lacrime. Ed è qui che il musicista, vince. Poi ho lasciato la bacchetta ad un allievo e dirigendo il volto gli si è nuovamente rigato di lacrime e ciò ha significato che ha compreso il mio messaggio”. Può nascere un’accademia del teatro Verdi o dei corsi estivi sulla scia di Siena o Fiesole? E’ nei programmi del teatro? “Io vorrei con tutto il cuore allungare questo corso almeno a tre settimane, solo così potrei approfondire tecnica e lettura. Purtroppo, l’orchestra del teatro costa un botto e si dovrebbe tentare con una giovanile che abbia costi più abbordabili, ma spero riuscire, con l’aiuto di Antonio (Marzullo n.d.r.) e di Giusy (Adiletta n.d.r.) a realizzare questo sogno. Intanto continueremo queste masterclass con nomi rilucenti del gotha musicale quali Eva Mei per il canto, Pavel Berman e Alessandro Moccia per il violino e Rena Shereshevshkaya per il pianoforte, nonché stage di danza con Anbeta Toromani, grazie anche al supporto del Monteverdi Circle”. A fine incontro la consegna degli attestati e gli ultimi consigli di Daniel Oren, quello di creare la propria interpretazione tra le note e di ascoltare tutti, a cominciare dai grandissimi della tradizione direttoriale,  a Marco Attura, Luca Ballabio, Julia Canceler Cruz, Matteo Dal Maso, Davide Damiano, Giuseppe Galliano, Ciaran McAuley, Giuseppe Prete, Benedikt Sauer e Borzak Sieva, che chissà, un giorno, potrebbe vantare celebri, come lui.