Ciro Esposito: "Io, spero ancora di cavarmela" - Le Cronache
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Ciro Esposito: “Io, spero ancora di cavarmela”

Ciro Esposito: “Io, spero ancora di cavarmela”

di Monica De Santis

“Aiello Raffaele, e mettitm presente”, chi ha visto al cinema o in televisione “Io speriamo che me la cavo, sicuramente ricorderà questa battuta, detta da uno dei 14 bambini protagonisti di uno dei film più belli della storia del cinema italiano. A dirla Ciro Esposito, che in quella pellicola interpretava Raffaele Aiello, il ragazzino più vivace, o bulletto, di tutti, quello che però alla fine si lascia conquistare dal maestro Sperelli e capisce che infondo cambiare è possibile e che la scuola non è poi così tanto male. Di tempo da allora ne è passato ed oggi Ciro è un uomo, un compagno innamorato, un padre di due bambini felicissimo e soprattutto un attore di talento, che il prossimo 18 settembre sarà ospite a Battipaglia del Picentia Short Film Festival.

Lei ha iniziato a 6 anni, con la compagnia amatoriale dei suoi genitori, immaginava che un giorno quello sarebbe diventato il suo lavoro?

“No, in realtà è ancora un gioco per me. Vivo tutto come mi ha insegnato mio padre, ovvero di prendere tutto come se fosse un gioco, perché sono un fortunato, faccio un lavoro fatto di tante soddisfazioni e gratificazioni e anche qualche privilegio. Per me questo non è un lavoro, ma il gioco più bello del mondo. E credo che questa sia la chiave di tutto per vivere bene questo tipo di lavoro che è un mestiere fatto anche di tante incertezze, quindi è importante che ci sia la passione e il divertimento in quello che si fa”.

Teme di essere identificato per sempre con Raffaele Aiello il bambino ribelle di Io speriamo che me la cavo?

“Questo è un marchio molto piacevole che indosso. Perchè ha indirizzato tutta la mia carriera, anzì devo dire che intervista dopo intervista, premio dopo premio, cresce sempre di più la voglia di dire ogni giorno grazie a Lina Wertmuller per avermi dato questa grande opportunità. E poi il film in se, perchè mi ha segnato e mi sta ancora oggi indirizzando nel lavoro che faccio”.

Che ricordo ha di Paolo Villaggio?

“Era una persona estremamente seria. Ho avuto il privilegio di poter passare più tempo con lui rispetto agli altri bambini protagonisti del film, perché avevo molte scene da solo con lui. Il ricordo più bello è proprio quello di essere stato battezzato sul set da un grande attore come lui”

Con gli altri ragazzini di quel film siete rimasti in contatto, mi vedete?

“Assolutamente si, non con tutti, ma con molti di loro. In particolare con Adriano Pantaleo che gestisce un teatro che va benissimo a San Giovanni a Teduccio che poi è il posto dove sono nato”.

Dopo quel film Lina Wertmüller l’ha voluta anche in Mannaggia alla miseria, com’era lavorare con lei?

“Era una professionista. Faceva il lavoro come andava fare. Era una che abbracciava molto i progetti, che li sposava in pieno e non copriva solo il ruolo di regista. Spesso e volentieri si metteva in prima persona a fare tutto quello che c’era da fare. La ricordo una volta in mezzo alla strada a fermare le auto perché bisognava girare una scena senza le macchine che passavano. Si faceva da assistente da sola, era una vera e propria forza della natura”.

Che ricordi ha del film del Grande Torino e come si è trovato in un ambiente fatto di fantasmi che ancora oggi popolano le menti dei tifosi granata?

“Li ho coronato un grande sogno, perché da bambino volevo fare il calciatore. Quindi vestire i panni di Angelo Di Girolamo, dove potevo giocare a calcio, per me è stato fantastico. Poi tramite mio padre e documentandomi, prima di girare il film, ho conosciuto la storia del Grande Torino, una squadra di invincibili che nel dopoguerra ha rialzato l’Italia. Era un motivo di vanto per la nostra Nazione, non solo calcisticamente. Il Grande Torino è stato un vero e proprio simbolo per l’Italia”.

Le sue partecipazioni giovanili hanno aperto un filone che l’hanno portato a partecipare a Gomorra, secondo lei questo tipo di fiction è edificante o dannoso per i giovani?

“Tutti pensano che possa essere dannosa, ma non credo. Io vengo da un quartiere molto difficile e sono nato in determinati contesti. Quindi posso dire che non è di certo una fiction che da un esempio. In realtà in questi ambienti, come Scampia, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, i ragazzi a rischio sanno benissimo che è una fiction. Anzi per loro siamo un po’ come una barzelletta, perchè quello che c’è nella realtà è molto più atroce. E poi prima di Gomorra ci sono state tante altre fiction simili, eppure4 non ci sono state tante storie come questa. Sembra che se una serie si giri lontano da Napoli va bene, se viene fatta a Napoli allora iniziano le polemiche”.

Non ha paura che la cerchino sempre per interpretare i ruoli del cattivo?

“Sinceramente questi ruoli mi divertono tanto. Non esiste bene senza male. In genere i personaggi negativi sono quelli che si ricordano di più, perché c’è bisogno del male per far vincere il bene, quindi va bene così”. Cinema o teatro? “Tutte e due, spero possano coesistere sempre nella mia vita”.

Se dovessi definire il punto in cui si trova la sua vita adesso con una canzone quale sceglierebbe?

“So cuntento e sta di Pino Daniele”

Progetti per il futuro?

“Dal 9 settembre su Sky Cinema andrà in onda la commedia Rosa Nero. Qui non faccio il ruolo del cattivo, ma del padre della protagonista”. Ma alla fine Ciro Esposito se l’è cava o spera ancora di cavarsela? “Eduardo diceva che gli esami non finiscono mai, quindi diciamo che spero ancora di cavarmela”.