Dopo la pausa per il Ferragosto la programmazione della 70esima edizione del Festival vedrà il ritorno nella Città della Musica di uno dei più seguiti, idolatrati ma anche discussi direttori di oggi, Teodor Currentzis. Figura singolare e affascinante, protagonista della scena musicale internazionale, Currentzis è atteso all’Auditorium Oscar Niemeyer questa sera, alle ore 20 di ritorno dalle applauditissime esibizioni al Festival di Salisburgo, di cui da anni rappresenta una delle presenze costanti, di Il castello di Barbablù di Béla Bartók e De temporum fine comoedia di Carl Orff, ancora in coppia con il regista Romeo Castellucci dopo il Don Giovanni di Mozart dell’anno scorso. È proprio al Festival di Salisburgo che il direttore greco di nascita e russo di adozione, in questi ultimi anni ha avuto la sua definitiva consacrazione internazionale, imponendo le sue interpretazioni, sempre sorprendenti e stimolanti di un repertorio molto diversificato, come punto di riferimento imprescindibile nel mondo della musica e del teatro musicale contemporaneo. Rarissime, e quindi imperdibili proprio per poterlo conoscere direttamente al di là della sua oramai vastissima produzione discografica, le sue apparizioni in Italia. Quello di Ravello, infatti, sarà l’unico concerto nel nostro Paese nel corso degli ultimi anni (l’ultima sua esibizione in Italia risale al 2019). Tra l’altro, è notizia di pochi giorni fa la fondazione da parte di Currentzis di Utopia, una nuova orchestra composta da 112 elementi, per lo più solisti e prime parti provenienti da 28 nazioni (Russia e Ucraina comprese) che, sostenuta da mecenati europei, debutterà in tournée nel prossimo autunno. Si tratta di un’idea a lungo coltivata da un gran numero di musicisti provenienti da tutti gli angoli del mondo: unire le persone con un’idea musicale condivisa, per creare senza compromessi ciò che la nostra immaginazione musicale ci propone, ha spiegato Currentzis nella presentazione del progetto. La Musica che unisce, quindi, come sottolineato più volte anche da Alessio Vlad, direttore artistico del Ravello Festival. Per il concerto di Ravello il programma proposto è profondamente simbolico: la Sinfonia n.14, meditazione sulla morte di Sostakovic, compositore grandissimo, che se da un lato è stato simbolo della prevaricazione e della violenza del potere stalinista sull’individuo, dall’altro è stato uno degli esponenti di primo piano nella diffusione della cultura russa nel mondo (voci soliste di Nadezhda Pavlova, soprano e Dmitry Ulyanov, basso) e Metamorphosen, Studio per 23 archi solisti di Richard Strauss, composizione terminata poco prima della caduta del III Reich. Strauss, dal ritiro di Garmisch, vedendo l’immagine della Staatsoper di Vienna, teatro dove erano state messe in scena molte delle sue opere, ridotta in macerie, per la violenta emozione ritrovò quelle forze che voleva fossero sopite. Un mese dopo, terminava Metamorphosen, composizione alla quale aggiunse la scritta “In memoriam” volendo, così, raffigurare la tragica visione delle grandi tradizioni musicali tedesche oramai avvolte nelle spire di un dissolvimento drammatico e inesorabilmente ineluttabile. Nella responsabilità di quella perdita irreparabile, Strauss accomunava vincitori e vinti in una tragedia comune a tutto il genere umano prendendo spunto da due versi di Lutero, “So ist der Leib zwar tot,/der Geist aber ist das Leben” (anche se il corpo è morto, lo spirito è vita) che volevano esprimere, nelle oscurità della Storia, anche un disperato messaggio di speranza rappresentato dalla forza della musica.
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