Il sorriso di Charlot: questione di feeling - Le Cronache
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Il sorriso di Charlot: questione di feeling

Il sorriso di Charlot: questione di feeling

Chiude nel segno dell’ironia in tutte le arti la XXXIV edizione del premio ideato da Claudio Tortora. Una serata firmata da grandi ospiti con il finale affidato a Riccardo Cocciante che ha infiammato le oltre duemila persone presenti

 Di Olga Chieffi

 “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”, affermava San Francesco, il compositore John Cage invitava a praticare l’impossibile: non arte come vuota autoespressione, ma l’arte come automodificazione “Noi cambieremo in modo meraviglioso se accetteremo le incertezze del cambiamento”. L’arte, così concepita, è la forma piena della capacità di mettersi in giuoco e a rischio, se a questo vi aggiungiamo il Parsifal wagneriano, il “puro folle”, l’unico che può avere la rivelazione, poiché umile, possiamo avere un quadro del messaggio lanciato con pienezza dal palco della XXXIV edizione del Premio Charlot, nell’ultima serata dal titolo “La Santa Allegrezza”, dedicata a Papa Francesco. Bisogna rischiare nella vita come Claudio Tortora, Paolo Logli e Gianni Sergio, i quali hanno provato a scrivere al Papa per consegnargli la famosa statuetta di Charlot. Cosa avrebbe potuto mai dire il Papa un no? Il sogno si sarebbe dissolto senza eccessivo dolore e, invece il papa ha accettato con gioia, poiché il nostro papa è un rivoluzionario come Charlot: “Il sorriso è sempre un ponte – ripete Bergoglio – ma è un ponte dei “grandi” [di animo], perché il sorriso va da cuore a cuore. Non dimenticate il sorriso! Chi si comporta così diventa contagioso, perché il sorriso è contagioso, e la pace che semina non manca di produrre frutto”. E così è stato, venerdì sera, in un’arena del mare stracolma, ma ordinata come non mai, in attesa delle diverse star presentate da Lorena Bianchetti, che in una Salerno melomane, con un massimo  dal cui “cielo” si affaccia Rossini, scappa un imperdonabile Giacomo, al posto di Gioachino, per introdurre la convincente orchestra “Saverio Mercadante” di Altamura diretta da Leonardo De Amicis, buona esecutrice de’ la Danza, scritta dal genio pesarese, la famosa tarantella notturna che impazza in un infuocato blue-moon napoletano. Formazione la Saverio Mercadante che vanta anche alcuni strumentisti di scuola salernitana, quali l’oboe e il corno inglese Antonio Rufo, i violinisti Danilo Gloriante e Christian Caiazza e la giovane violoncellista Martina Tranzillo. Canzoni e cantanti alla ricerca del sorriso in tutte le sue sfaccettature, a cominciare da Paolo Vallesi che ha inaugurato gli interventi con “La forza della vita” con il suo messaggio è semplice e chiaro: qualsiasi cosa accade c’è una forza che ci sta vicino, la forza della Vita, che non chiede e non pretende ma che ci supporta nelle difficoltà e ci aiuta a risalire, qualunque sia la buca in cui siamo caduti, basta ritrovarsi in un sorriso. E’ stato duro riconoscere come la guerra che è annientamento dell’Uomo sia perfettamente uguale nei versi di Trilussa di quella Ninna Nanna scritta in occasione della I guerra mondiale, interpretata da Carlo Verdone, il momento “malincomico” come lui ama dire, di sé e dei suoi personaggi, nel monologo, sempre sconvolgente de’ “Il grande dittatore” ( siamo nel 1940!) affidato al sentire intenso di Claudia Campagnola, e nella canzone “Pace” un duetto di Paolo Vallesi e Amara, che invita a riconquistare la pace attraverso la propria interiorità e convinzione. Amara ha quindi regalato anche la sua “Che sia benedetta” piazza d’onore a Sanremo 2017 con la Mannoia. La musica fa sorridere? L’arena salernitana è ad un tiro di schioppo da Napoli culla dell’opera buffa e il soprano Vittoriana De Amicis ha vestito i panni della bambola Olympia per  “Les oisaux dans la Charmille”, da “Les Contes d’Hoffmann” di Jacques Offenbach. Vittoriana si è rivelata perfettamente a proprio agio nella tessitura siderale della sua parte: le note ci sono tutte, l’intonazione è perfetta, buona la padronanza scenica, con qualche acuto che si è trasformato patentemente in gridolino, ma ci sta. Piji Siciliani ci è vienuti a prendere su la “Torpedo blu” di Giorgio Gaber, introdotto da GianMaurizio Foderaro, che ha consegnato anche i premi McDonald’s offerti da Luigi Snichelotto alla Bianchetti e al Maestro De Amicis, il quale ha ricambiato con una intensa interpretazione di Se, da Nuovo Cinema Paradiso, omaggio ad Ennio Morricone, elevata dalla nipote Vittoriana. Musica, follia e poesia ed ecco Simone Cristicchi, con “Ti regalerò una rosa” una canzone in forma di lettera che Antonio “in manicomio da quarant’anni, matto da quando era bambino”, scrive alla sua Margherita, l’unico amore della sua vita. Quella Margherita che una fredda mattina, prese il coraggio e scavalcò la recinzione che separava il manicomio dal mondo esterno, il mondo dei sani, alla quale, scrive prima di gettarsi nel vuoto, portando con sé il dolore di un uomo ancora vivo e “Abbi cura di me”, in cui ricorre il tema millenario dell’accettazione, della fiducia, dell’abbandonarsi all’altro da sé, che sia esso un compagno, un padre, una madre, un figlio o Dio. Amara e Paolo Vallesi ancora insieme per ritrovare l’ essenza sacra della musica, la più potente delle arti capace di smuovere pietre e animi, ne’ “La cura” di Franco Battiato. Finale sorprendente e travolgente con il dono di Riccardo Cocciante, pura energia benefica, alla continua ricerca dell’empatia, del mood, della condivisione col pubblico. Cervo a Primavera, Margherita, naturalmente bissata, Celeste nostalgia, Se stiamo insieme, per chiudere a furor di popolo con “Questione di feeling”, improvvisata col gruppo di appoggio, poiché la musica, che sa essere salvifica, si fa umilmente, in un dialogo paritario, di dare e ricevere, di ascolto, nel suo segno iridescente, come un sorriso.

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