Antognoni al Giffoni Ff: La mia professione, il mio divertimento - Le Cronache
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Antognoni al Giffoni Ff: La mia professione, il mio divertimento

Antognoni al Giffoni Ff: La mia professione, il mio divertimento

di Monica De Santis

C’è un uomo che nell’immaginario collettivo è sempre quel ragazzo che corre sui campi rettangolari di tutto il mondo con la maglia azzurra numero 9 – 10. Giancarlo Antognoni è, e resterà sempre, uno dei ragazzi del 82, di quella nazionale, guidata da Bearzot, che regalò un sogno ad un’intera Nazione, in un momento in cui c’era davvero tanto bisogno di tornare a sognare. Oggi Antognoni non gioca più, ma il calcio non l’ha mai lasciato, lo segue da vicino, da tanto vicino, ricoprendo da prima il ruolo di allenatore e poi quello di dirigente. La Fiorentina è stata la sua unica e sola squadra, lui la sua bandiera e forse, lo è ancora e lo resterà per sempre. Giancarlo Antognoni, domani arriva a Giffoni per incontrare i ragazzi del GFF, all’interno del format “Lete porta lo Sport al Giffoni” e parlare con loro dell’“Essere campioni nello sport e nella vita”. D’altronde la sua intera carriera si è basata su questi principi, dimostrando devozione alla maglia viola, alla nazionale, mai denigrando gli avversari dentro e fuori il rettangolo verde.

Come è cambiato il calcio rispetto a quando giocava lei?

“Diciamo che ogni decennio cambia un po’ tutto, sia a livello calcistico che a livello personale ed umano. Ai nostri tempi non c’erano i telefoni e i social. Cose che sono dei vantaggi oggi, però noi vivevamo bene lo stesso, anzi forse meglio. E anche il calcio è cambiato molto. Il calciatore oggi è proprietario di se stesso e quindi si può gestire molto meglio rispetto ai miei tempi. Noi eravamo proprietari delle società”

C’è una cosa del calcio di oggi che proprio non le piace?

“L’unica cosa forse è il rapporto con i tifosi che oggi è più distaccato, mentre ai nostri tempi era diretto. Noi avevamo quel contatto umano che forse oggi non si ha. Si ma anche perché era il tempo che lo voleva. Oggi i ragazzi stanno sempre al telefonino, non colloquia con i compagni. Insomma il rapporto è diverso”.

Lei a Giffoni incontrerà giovani che non erano nati nell’82. Come racconterà loro la sua avventura e quegli anni fantastici?

“Racconterò le miei vicende, come mi sono comportato, le problematiche vissute, ed anche dei vantaggi e gli svantaggi che si possono avere oggi i calciatori. Sicuramente più vantaggi, ma hanno anche lo svantaggio di una vita privata che non esiste più, rispetto ai nostri tempi”.

Il giornalista Vladimiro Caminiti lo definirà “l’uomo che gioca guardando le stelle”, guarda ancora le stelle?

“E’ stato un bel articolo. Adesso non gioco più. Ma quella frase mi ha gratificato molto. Voleva dire che io non guardavo il pallone quando giocavo. Un significato calcistico. Adesso invece guardo la palla. E il calcio anche in questo è cambiato, sicuramente è più veloce, meno tempo per pensare e quindi devi essere più reattivo”.

Lei è stato un grande che ha giocato con i grandi. Tra tutti loro con chi aveva stretto un legame speciale?

“In 15 anni di Fiorentina ho avuto tanti compagni di squadra, da quando ho iniziato con Rogi a quando ho finito con Baggio. Diciamo che ho legato con tutti e tutti hanno rispetto per me per il mio comportamento tranquillo e lineare. Con i campioni del mondo abbiamo invece il nostro gruppo whatsapp e ci parliamo spesso”.

Il calcio italiano vive una profonda crisi economica ma anche tecnica. La seconda esclusione consecutiva dai mondiali ne è prova tangibile. Quale potrebbe essere la ricetta per invertire la tendenza?

“Investire sui giovani, solo così la nazionale ne può trarre beneficio. E poi limitare l’acquisto degli stranieri altrimenti gli italiani non giocheranno più. Se pensiamo che in una squadra, almeno in quelle più importanti ci sono due o tre italiani, questo la dice lunga”.

Come giudica l’attuale gestione della sua Fiorentina, cosa manca per poter ambire a competere con le grandi e arrivare a vincere anche qualche trofeo?

“Questo è un po’ più difficile. Ci sono buoni margini, però per vincere è un problema, perché vogliono tutti vincere. Bisogna investire molto, ci vuole un presidente che tira fuori i soldi. E’ semplice ma non facile da farsi”.

C’è qualche giovane in cui si rivede, che le assomiglia e che in prospettiva potrebbe diventare la nuova stella luminosa del calcio italiano?

“Tra quelli dell’Under 21 qualcuno ci potrebbe essere. Il calcio è cambiato, i famosi numeri 10 che c’erano prima vanno un po’ scomparendo perché è proprio il ruolo che è cambiato”.

Una domanda sulla Salernitana è quasi obbligatoria. Come vede i granata e che campionato potranno affrontare?

“La Salernitana ha fatto il miracolo. E se il prossimo campionato lo affrontano con la determinazione che hanno dimostrato nel girone di ritorno con Nicola, che credo sia stato l’artefice di questo miracolo, potrebbero fare belle cose”.

Come si definisce Giancarlo Antognoni?

“Un uomo che ha vissuto bene e che ha fatto del proprio divertimento la propria professione. Praticamente ho una città che mi ama come Firenze, ma non solo e quindi sono contento di questo. Per me è come se giocassi ancora. Non ho mai smesso di giocare”.