La prima e la seconda scuola di Vienna - Le Cronache
Spettacolo e Cultura Musica

La prima e la seconda scuola di Vienna

La prima e la seconda scuola di Vienna

Secondo appuntamento oggi, alle ore 20 in San Giorgio, per la II edizione di Salerno Classica, con la prima stagione, la Primavera. Solista il violoncellista Danilo Squitieri

 

di Olga Chieffi

Secondo appuntamento per la Primavera di Salerno Classica, oggi, nella abituale cornice della chiesa di San Giorgio, alle ore 20 ideata dalla Associazione Gestione Musica, un progetto articolato che ha visto l’ associazione concorrere e ottenere il finanziamento dal Fondo unico per lo Spettacolo. Il tema di questa seconda serata, che saluterà protagonisti l’Ensemble Lirico Italiano diretto da Francesco D’Arcangelo e il violoncello solista di Danilo Squitieri, è una riflessione in musica sulla prima e la seconda scuola di Vienna rappresentata dai suoi due capiscuola, Haydn e Arnold Schönberg. Haydn costituisce l’ideale della nuova classicità in forma completa e perfetta: è evidente dai quartetti e dalle sinfonie, modelli insuperabili di equilibrio cui i successivi grandi autori non potranno che apportare varianti strutturali organiche, all’interno di una forma di per sé così compiuta da non lasciare spazio a ulteriori invenzioni d’architettura. Così, solo con il contrappuntismo reinventato da Mozart, o con la smaterializzazione ritmica e l’intenzionalità sonora sincretica di Beethoven si potrà innovare quel linguaggio che Haydn aveva determinato a livello totale e assoluto: il flusso sonoro di un’idea di finitudine che ad un tempo contempla e materializza il paradigma del mondo. Caratteristica fondamentale delle opere di Haydn è lo sviluppo di strutture ampie e articolate a partire da motivi brevi e relativamente semplici. Riguardo alla melodia, predilesse idee facilmente scomponibili in parti più piccole, da sottoporre a combinazioni contrappuntistiche: in questo, anticipò in qualche modo l’opera beethoveniana. Haydn non fu affascinato dalla forma del concerto come Mozart, nonostante ciò ne scrisse oltre trenta per strumenti diversi. La prima parte del programma saluterà l’esecuzione del Concerto in Do per violoncello Hob.XVII., datato 1761, affidata al solista Danilo Squitieri e all’Ensemble Lirico Italiano, diretto da Francesco D’Arcangelo, in cui sono da ammirare il virtuosismo scintillante ma non ostentato, il naturale equilibrio tra dimostrazione di bravura e interesse puramente musicale, l’assenza di quei contrasti accesi e drammatici tra solista e orchestra che saranno tipici del concerto ottocentesco. Il “Moderato” iniziale è in bilico tra la forma del Concerto barocco (un ritornello orchestrale intervalla i diversi episodi solistici) e la forma classica, che Haydn andava proprio allora elaborando (il tema principale è leggermente elaborato a ogni ritorno). Gli interventi orchestrali sono ritmicamente scanditi, con un andamento quasi di marcia, mentre gli episodi solistici hanno un carattere più lirico e melodico. L’ “Adagio” è in forma di romanza; il tono è austero ma anche intimo, col solista accompagnato lievemente dai soli archi, mentre gli oboi e i corni tacciono. L’ “Allegro molto” conclusivo è un movimento splendido per vitalità, arguzia e inventiva, su cui la tonalità minore che appare nella parte finale dell’introduzione orchestrale stende un leggero velo d’ombra. Il confronto tra la prima e la seconda scuola viennese, nascerà dall’esecuzione di Verklärte Nacht composta originariamente per sestetto d’archi da Arnold Schönberg, ultimato nel dicembre del 1899, poi trascritta per orchestra dallo stesso autore nel 1917, versione che verrà interpretata dall’ensemble composto da Daniela Cammarano, Ilario Ruopolo, Giacomo Mirra, Michela Marchiana, Ledia Nikolla, primi violini, Mattia Cuccillato, Eleonora Amato,Valeria La Vaccara e Sonia Tramonto, secondi violini, Piero Massa, Carmine Caniani, Giuseppina Niglio e Carmine Matino viole, Cristiana Tortora, Veronica Fabbri, Alfredo Pirone, celli, Luigi Lamberti e Giuseppe Di Martino, contrabbassi. Si tratta del primo lavoro di grande impegno di Schönberg e la sua prima esecuzione a Vienna, il 18 marzo del 1902, suscitò numerose polemiche. Verklärte Nacht è il primo tentativo di adattare l’idea della musica a programma, sinora squisitamente sinfonica, alla musica da camera. L’ispirazione è tratta da una poesia di Richard Dehmel, autore molto di moda in quegli anni, Verklärte Nacht appunto, che fa parte della raccolta Weib und Welt del 1896. Una recensione dell’epoca così ne riassumeva ironicamente il contenuto: “una donna incontra l’uomo della sua anima dopo aver concepito un figlio dall’uomo del suo corpo; il primo, complice una bellissima notte di luna, si dichiara disponibile ad accettare, senza alcun rimorso, una paternità putativa”. Fu probabilmente l’amico compositore Alexander von Zemlinsky a suggerire questa scelta a Schönberg: i due passarono l’estate del 1899 a Payerbach, vicino Semmering, proprio nel periodo in cui Mathilde, la sorella minore di Zemlinsky, stava per diventare la fidanzata di Schönberg che poi la sposerà due anni più tardi. Pur nell’esplicito riferimento letterario, la musica di Verklärte Nacht non ha nulla di descrittivo, ma intende piuttosto cogliere gli stati d’animo che muovono i due personaggi. Verklärte Nacht si presenta come un pezzo articolato senza soluzione di continuità, cioè come un unico movimento, nel quale comunque si riconoscono due macrosezioni (una prima metà in re minore e una seconda in re maggiore) a loro volta suddivise in cinque episodi: l’episodio introduttivo (Molto lento) rappresenta la coppia al chiaro di luna ed espone il tema principale; il secondo introduce il secondo tema e descrive nel suo lungo sviluppo la tormentata confessione della donna, conducendo poi alla breve sezione di raccordo che ripresenta il tema principale nella ‘lontana’ e placata tonalità di mi bemolle maggiore. Questo terzo episodio chiude la prima metà del lavoro e funge da ponte per la seconda: un luminoso re maggiore che con la sua idea tematica vuole ritrarre l’amore messo alla prova che trionfa. È qui che i riferimenti al Tristan und Isolde si fanno più espliciti. Questa sezione conduce a una grande coda (il quinto e ultimo episodio) che conclude in modo molto efficace il lavoro: un inno alla natura e alla redenzione attraverso l’amore.