I mercoledì della lirica a Salerno - Le Cronache
Spettacolo e Cultura Musica

I mercoledì della lirica a Salerno

I mercoledì della lirica a Salerno

di Olga Chieffi

Dinorah, Magda, Norina, Rosina e la sirena del nostro canto, Partenope, le muse ispiratrici dei cinque appuntamenti musicali con il magistero di canto del Conservatorio “G.Martucci” di Salerno, che impreziosiranno le serate del mese d’ottobre, nel cuore del centro storico. Dal 29 settembre, infatti, ogni mercoledì, alle ore 20, la chiesa di Santa Maria de Lama, ospiterà un concerto degli allievi della nostra massima istituzione musicale in duo con pianisti che stanno specializzandosi quali maestri accompagnatori, Carmine Rosolia, Maddalena Alfano, Simone Matarazzo, Antonio Morriello, Aldo Ruocco e Ida Visconti. S’inizierà l’ultimo mercoledì di settembre, con la serata ispirata alla Dinorah di Giacomo Meyerbeer. Sua la frase in calce, tratta da “Ombre légère qui suis mes pas”, che ci lascia intuire un programma improntato ad arie virtuosistiche di stampo italiano, che va fatta risalire alla lunga tradizione ottocentesca di ‘arie di follia’: su un ritmo di valzer, infatti, Dinorah canta e balla con la sua ombra, invitandola a non allontanarsi da lei, intrecciando con il flauto vertiginose cadenze. Volerà La Rondine di Giacomo Puccini il 6 ottobre, “E fu quel bacio rivelazione. Fu la passione”, uno stralcio dell’aria di Magda “Chi il bel sogno di Doretta”, un sogno fatuo e velleitario che viene qui assunto a simbolo del mondo illusorio di una donna abituata ad abbellire la realtà con qualche poetica pennellata. Il 13 ottobre Norina imperat. “Ho la testa bizzarra, ma core eccellente”, recita la frase che schizza l’autoritratto della protagonista del Don Pasquale di Gaetano Donizetti: Norina è un bellissimo – insopportabile – personaggio, consapevole del proprio potere e della capacità di adoperarlo, ambisce a ricchezza e amore. Come Margherita Gautier o Zerlina o Carmen, sebbene musicalmente descritta in sfumature diverse, punta dritta al proprio scopo, e la scopriremo insieme agli altri personaggi che sfileranno dinanzi ai nostri occhi. La Rosina rossiniana, colei che farà giocare le cento trappole, scende in campo il 20 ottobre. Intelligente, attiva, tenace e pronta a tutto pur di non cedere alla pressione altrui. “Brontola quanto vuoi” dice, quando Bartolo tenta di chiuderla in casa “chiudi porte e finestre. Io me ne rido. Già di noi altre femmine anche alla più marmotta per aguzzar l’ingegno, e farla spiritosa a un tratto basta chiuderla a chiave, e il colpo è fatto.” Gran finale il 27 ottobre con la Sirena Partenope. Il verso “Dint’ a lu core ne tengo li ppónte” è di Salvatore Di Giacomo, il quale insieme a Tosti partorì Marechiare. Nel nostro centro storico la magia verrà subito realizzata poiché si sentiva cantare un po’ da per tutto, in quei vicoli attorno a Santa Maria de’ Lama, senza “chitarre e manduline” e senza alcun accompagnamento. Il canto non era una rappresentazione a beneficio di altri, si cantava per sé: per “sbariare”, per vivere un momento di pausa, per commuoversi o rallegrarsi. Da un balcone aperto o dalla strada veniva, ogni tanto, una canzone, un ritornello, una frase, voci di gente comune, voci isolate, voci di chi, forse, voleva inconsciamente placare una pena o ingentilire per un attimo il tran tran quotidiano. E ,come chi legge un libro interagisce con la pagina scritta, interpretando in maniera personale fatti e personaggi, così, chi canta, frugando soprattutto nella sua memoria, contribuisce un poco a ricreare quel canto. Le canzoni rappresentano la storia di un popolo che attraverso altissimi versi e musica immortale, si è posto in cammino, cantando il suo amore, aprendosi ad ogni contaminazione, pur mantenendo intatta la propria inconfondibile identità, misteriosa e sfuggente. Poi, si è sentito cantare sempre meno; questo bisogno, e siamo diventati come tutti più spettatori che attori e, quindi, più ascoltatori che “cantatori”, ma in questa serata, magari proverà anche il pubblico a lasciarsi andare, coi cantori del nostro conservatorio.