Scommesse clandestine, uno dei vertici è di Battipaglia - Le Cronache
Cronaca

Scommesse clandestine, uno dei vertici è di Battipaglia

Scommesse clandestine,  uno dei vertici è di Battipaglia

di Pina Ferro

Scommesse clandestine, anche due salernitani tra le 15 persone arrestate nell’ambito dell’operazione scattata ieri mattina, tra Sicilia e Campania. Nel guai, tra gli altri sono finiti: Christian Tortora, 44 anni di Battipaglia ristretto in carcere e Pasquale Somma 50 anni, di Angri destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari. Per le 15 persone destinatarie dell’ordinanza di custodia cautelare le accuse sono di associazione a delinquere finalizzata all’esercizio abusivo delle scommesse, truffa ai danni dello Stato e trasferimento fraudolento di valori. L’operazione, denominata “All In – Si gioca”, ha visto impegnati gli uomini del Comando provinciale della guardia di finanza che ha sequestrato preventivamente anche sei agenzie di scommesse a Palermo e in provincia di Napoli per un valore complessivo di circa un milione di euro. L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo e coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca ha fatto saltare una rete commerciale illecita che generava volumi di giocate di almeno 2,5 milioni di euro al mese. Dei 15 arrestati, sei sono finiti in carcere e nove ai domiciliari. Impegnati un centinaio di militari delle fiamme gialle in forza ai reparti di Palermo, Napoli e Salerno che hanno effettuando anche numerose perquisizioni in Sicilia e Campania. Gli arresti di ieri sono figli del prosieguo delle indagini che nel giugno 2020 portarono all’operazione “All In”, quando dieci persone finirono nella rete della procura e indagati per partecipazione e concorso esterno con Cosa nostra, oltre che per riciclaggio e trasferimento di valori. In quell’occasione furono sequestrate cinque imprese che avevano acquisito le concessioni statali rilasciate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per la raccolta di giochi e scommesse sportive. Da qui si è sviluppato un secondo filone di indagine che ha permesso di ricostruire una complessa e articolata rete che si occupava di gestire la raccolta illegale delle scommesse. Due le organizzazioni scoperte dalla Dda di Palermo, entrambe “facenti capo”, spiegano dalla guardia di finanza, a Salvatore Rubino, 59enne finito in carcere. Questi è considerato “promotore” delle attività illecite dei due gruppi e sarebbe anche il “destinatario” di una parte dei proventi. Il primo gruppo sarebbe stato capeggiato da Vincenzo Fiore e Christian Tortora, di 42 e 44 anni, entrambi finiti in carcere. Il gruppo era composto anche da Salvatore Barrale, Maurizio Di Bella, Pasquale Somma e Giovanni Castagnetta, che si trovano ai domiciliari. I sei, secondo l’accusa, “sovrintendevano” all’operatività di una rete di agenzie, ognuna delle quali riconducibile a soggetti di fiducia. Anche la seconda organizzazione gestiva centro scommesse attraverso i quali “operava” la raccolta illecita: in questo caso le figure “di rilevo” sarebbero state quelle di Rosario Chianello e Michelangelo Guarino, di 48 e 43 anni, con la collaborazione del 46enne Giovanni Di Noto: tutti sono in carcere. Di questo gruppo avrebbero fatto parte anche Davide Catalano, Giacomo Bilello, Pietro Montalto, Antonio Inserra e Salvatore Lombardo, finiti ai domiciliari. La raccolta illegale delle scommesse avveniva attraverso lo schermo di agenzie operanti regolarmente in forza di diritti connessi a concessioni assegnate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. I gestori delle agenzie abilitate alla raccolta delle scommesse, “in accordo” con i due gruppi criminali, avrebbero “alimentato parallelamente un circuito illecito – è la tesi delle fiamme gialle – accettando scommesse in contanti dai clienti che venivano convogliate su “conti gioco” intestati a terzi mediante l’uso di piattaforme straniere illegali”. Ne sarebbe nato un “circuito vorticoso di flussi finanziari privi di qualunque tipo di tracciabilità” e sottratti quindi al totalizzatore nazionale delle Dogane e dei Monopoli: in questo modo veniva eluso il Fisco e venivano aggirate le norme in materia di antiriciclaggio.