«Porteremo Ideal Standard in giudizio per omicidio colposo» - Le Cronache
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«Porteremo Ideal Standard in giudizio per omicidio colposo»

«Porteremo Ideal Standard in giudizio per omicidio colposo»

di Andrea Pellegrino

«Saremo parte civile nei procedimenti che vedono coinvolti i dipendenti dell’ex Ideal Standard, così come trascineremo in tribunale l’azienda per omicidio». E’ l’impegno della Cgil nazionale e di Salerno che entra nella vertenza che da anni ormai vede protagonisti gli ex operai dello stabilimento salernitano, in una lunga battaglia per il riconoscimento dei benefici per l’esposizione all’amianto. Una vicenda complessa e a tratti surreale che ha visto dapprima la chiusura dell’azienda con la promessa (mancata) della riconversione. E’ la famosa vicenda Sea Park che sfociò in una indagine e poi in un processo conclusosi con le assoluzioni. In mezzo ci sono i lavoratori di quello stabile, quelli che hanno perso il lavoro ma quelli, soprattutto, che nel corso degli anni si sono ammalati o sono deceduti. Molti dei quali per malattie oncologiche. Le vicende sono due: l’una legata alla rimozione e all’insabbiamento di eternit all’atto dello smantellamento dell’Ideal Standard; l’altra – che è ancora pendente in sede civile, almeno al tribunale del lavoro di Salerno – che riguarda i mancati benefici per l’esposizione all’amianto durante la lavorazione. Della prima (vicenda) al momento ci sarebbe una richiesta di archiviazione, dopo l’apertura di un fascicolo da parte della Procura della Repubblica di Salerno. Una accelerata dovuta ad una compravendita del suolo e l’impegno di una bonifica, così come emergerebbe dagli atti di vendita. Ma al momento se, come e quando, ci sia stata la bonifica, non ci sarebbero riscontri ufficiali. Ed i riscontri ora vorrebbe averli la Cgil pronta ad accendere i riflettori sulla questione ambientale. Tanto per l’Ideal Standard, quanto per gli altri stabilimenti in cui si utilizzava amianto durante la lavorazione. «L’aspetto ambientale è fondamentale – ha sottolineato il segretario generale Cgil Salerno, Arturo Sessa – perché non c’è lavoro giusto se non è salubre. Se in quell’area ci sono residui di amianto, vuol dire che qualcuno non se n’è interessato ma è ora che si prendano provvedimenti. A noi sta a cuore il lavoro, così come la tutela della salute di lavoratori e cittadini». La seconda vicenda, che riguarda i benefici di legge, è altrettanto complessa e travagliata. Allo stato ci sarebbe chi, in forza ad una sentenza emessa dal tribunale di Nocera Inferiore – sono cinque lavoratori – ha ottenuto quanto dovuto nel mentre i colleghi si sono visti, dal giudice del tribunale di Salerno, respingere le istanze, con conseguente ricorso ed appello fissato per il prossimo anno. «Vogliamo chiamare la Ideal Standard – ha detto il responsabile ambiente della Cgil nazionale, Claudio Iannilli – a rispondere di quanto ha fatto in questi anni, portandola in giudizio per omicidio colposo. Sapevano: hanno fatto lavorare con l’amianto, hanno fatto toccare l’amianto, hanno fatto tombale l’amianto». Due pesi e due misure, con i consulenti che più volte hanno rimarcato la presenza di fibre di amianto. Ma che non è bastato a convincere prima l’Inps e poi il tribunale di Salerno. «Il problema principale – ha sottolineato l’avvocato Anna Amantea, che insieme ai lavoratori combatte questa battaglia – è rappresentato dall’Inps che, a Salerno, si è opposta strenuamente ai ricorsi dei lavoratori. A Nocera non ha neanche impugnato le sentenze favorevoli, tanto che sono passate in giudicato. Quelle dell’Istituto sono posizioni meramente strumentali, patetici tentativi di eludere le richieste degli ex operai». Sentenze che, come sottolineato da Anselmo Botte della Cgil, «cozzano con i diritti dei lavoratori e, per questo, ci arrabbiamo. Quello salernitano è un territorio circondato da amianto e, al più presto, si deve provvedere alla bonifica di tutte le aree». La vicenda, dunque, torna alla ribalta, con l’impegno del sindacato pronto a dar battaglia per il riconoscimento di un diritto per i lavoratori che all’epoca sono rimasti anche senza il proprio posto di lavoro. Nel corso di 20 anni sono stati circa 60 gli ex operai dell’opificio della zona industriale deceduti a causa di malattie collegabili alla prolungata esposizione al “killer silenzioso”. Tanti altri, ancora, sono affetti da patologie simili e lottano per i propri diritti e per la propria vita. Un amianto toccato con mano, spostato, sotterrato, respirato. Un passato che è nei racconti di Enzo, Daniele, Tonino, Franco e di tutti i loro compagni ma che è anche nel loro presente, con i segni degli anni trascorsi a toccare con le proprie mani non solo l’amianto ma anche il cobalto e il cromo esavalente. Un passato che è nelle loro patologie, nel ricordo dei colleghi che, ammalatisi, oggi non sono più a combattere questa battaglia comune.