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Home Attualità

«Carcere di Salerno? Senza supporto psicologico si creano aggressioni»

1 Marzo 2019
in Attualità, Cronaca, Primo piano, Salerno, Ultimora
Reading Time: 3 mins read
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Dai terreni confiscati alla criminalità un progetto di lavoro per gli ex detenuti

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di Erika Noschese

«La situazione al cacere di Salerno è veramente forte sia per quanto riguarda il sovraffollamento sia perchè la struttura è fatiscente». A lanciare il grido d’allarme ancora una volta è Rita Bernardini, membro coordinatore della Presidenza del Partito Radicale ed ex deputata. Rita dopo la sua visita al carcere di Salerno com’è attualmente la situazione e cosa si potrebbe fare per superare le criticità? «La situazione al carcere di Salerno è veramente forte sia per quanto riguarda il sovraffollamento sia per la struttura che è fatiscente. La cosa che fa soffrire di più i detenuti è quella che hanno poche possibilità per spendersi in positivo e fare qualcosa come studiare o lavorare. Tutto questo nelle carceri c’è solo in minima misura per cui è l’ozio la cifra del carcere. Ad esempio, su 500 detenuti “lavoravano” solo 113 di loro, cioè il 23% ma lo fanno per poche ore al giorno o per pochi mesi perché poi iniziava il turno di un’altra persona. A questo si aggiunge il fatto che in carcere ci sono molte patologie di tipo psichiatrico e molti tossicodipendenti e c’è l’impazziento. Fare quel tipo di vita è chiaro che determina aggressioni perché non hanno alcun supporto dal punto di vista psicologico e non hanno contatti costanti con i consulenti, cosa che dovrebbe accadere regolarmente». Il prossimo 17 marzo a Salerno ci sarà un incontro importante proprio sul tema delle carceri… «Si, è un incontro importante perchè sarà incentrato anche sul ruolo della magistratura di sorveglianza. In Italia, la magistratura di sorveglianza che dovrebbere essere garante della legalità e della detenzione, oltre a dover accompagnare i detenuti al reinserimento sociale. Ruolo che, di fatto, non viene svolto come prevede la legge, un po’ perché sommersa dalle istanze dei detenuti e un po’ perchè gli organici sono molto ridotti, non solo per la magistratura di sorveglianza ma anche per il personale amministrativo. In questi giorni, avendo letto la relazione del tribunale di sorveglianza di Milano, mi sono resa conto che ogni anno, ciascun magistrato di sorveglianza fa 3.700 pronunce. E’ una mole di lavoro immensa, nel senso che dubito abbia la possibilità materiale di conoscere i detenuti eppure il percorso dovrebbe presumere una conoscenza seria della persona della quale ci si occupa».
Cosa sta accadendo al carcere di Parma? «Al carcere di Parma dove c’è il 41bis e l’alta sicurezza – che noi non possiamo visitare più – c’è tutto il problema dell’alta sicurezza e direi che il problema più serio di Parma riguarda la sanità penitenziaria. Ci sono persone anche di una certa età e non si assicurano quei livelli normali di assistenza che sono dovuti per legge ed è quello che quando ogni mese andiamo lì ci fanno presente». Cutolo è ormai in fin di vita. I radicali vorrebbero per lui una fine dignitosa fuori dal carcere…. «Come per tutti. Noi ci siamo occupati persino di Provenzano. Ci occupiamo di tutti perché la fine di una persona soprattutto in quelle condizioni non richiede certo la vendetta. Sono persone che si sono fatti decenni di carcere ed è chiaro che – soprattutto se hanno malattie gravi invalidanti – non possono essere curate e in quel modo la detenzione è un tipo di tortura, cosa da noi vietata anche se si fa così come si fa per chi si trova al 41bis». Quindi i radicali vorrebbero anche per Cutolo una morte dignitosa… «No, non solo per Cutolo ma per tutti, altrimenti sarebbe più serio legalizzare la tortura. In questo caso, infatti, si fa la tortura in forma ipocrita. Queste misure tipo il 41bis vengono giustificate con il fatto che questo carcere duro è dovuto al fatto che occorre impedire i legami con la criminalità organizzata perché questi che sono stati capi non diano più ordini. Questa è la giustificazione ma oggi ci sono mezzi tecnologici che potrebbero impedire questi collegamenti ma si usa come mezzo altre forme come il colloquio una volta al mese o l’isolamento. E proprio l’isolamento ad essere una vera e propria forma di tortura che non si giustifica, secondo noi, con la finalità che si vuole raggiungere: troncare i legami con la criminalità organizzata». Ergastolo ostativo, cosa ne pensa? «Abbiamo promosso una proposta di legge per modificare il 41bis sia per abolire l’ergastolo ed in particolare quello ostativo che non da alcuna speranza di poter uscire. Se non ti sei “pentito” e non fai i nomi degli altri continui a rimanere in questa forma di ergastolo».

Tommaso D'Angelo

Tommaso D'Angelo

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