Il ritorno di Paul Crabb - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Il ritorno di Paul Crabb

Il ritorno di Paul Crabb

Il concerto del gruppo corale dell’Università del Missouri assieme ai “Laeti cantores” all’insegna del dialogo tra i madrigali rinascimentali e la musica sacra del Nuovo mondo.

 Di ROSANNA DI GIUSEPPE

Tra la miriade di appuntamenti e di incontri musicali di questo periodo natalizio, ci soffermiamo su quello vocale particolarmente gioioso e coinvolgente, svoltosi nella cornice della Chiesa dell’Annunziata di Salerno, ospite il direttore americano Paul Crabb, ormai gradita presenza artistica a Salerno almeno una volta all’anno, coinvolto dal gruppo vocale dei Laeti Cantores diretti da Roberto Maggio da anni operanti sul territorio campano. Il concerto ha visto esibirsi sotto la direzione elegante e misurata di Crabb un gruppo di componenti della sua classe di direzione corale dell’Università del Missouri a cui si sono affiancati per alcuni brani i colleghi italiani dei Laeti cantores. Articolato in due parti distinte, il concerto ha previsto una prima parte dedicata prevalentemente ad autori italiani del periodo rinascimentale, e una seconda, tutta americana di musica vocale sacra della tradizione Afro-americana. I preziosismi e le raffinatezze della musica madrigalistica italiana sono emersi dai brani scelti quali “Sibylla Cumana” di Orlando di Lasso, “O Miracol d’Amore” di Luzzaschi, “Filli, mirando il cielo” di Sigismondo D’India, così come l’incisività da quelli di Carlo Gesualdo “S’io non miro non moro” e “Mentre gira costei”. Il giusto equilibrio tra le voci, la sottolineatura delle dinamiche e dei passaggi arditi in chiave espressiva, hanno reso l’esecuzione accattivante. Incantevole il primo brano proposto, il sesto dei dodici mottetti delle “Prophetie Sibyllarum” di Orlando di Lasso, dall’intensa espressività nel genere della musica reservata, mirante ad evidenziare l’affetto segreto dei testi poetici messi in risalto da una perfetta dizione e una stagliata emissione vocale pur nel tessuto polifonico. Parimenti eloquente è risultata l’originalità dei brani gesualdiani. Con un organico più ampio, in unione con il complesso italiano, sono stati eseguiti brani contemporanei: “O Salutaris Hostia” del lettone Erik Esenvalds, “Northern Ligths” del norvegese Ola Gjeilo, uno dei maggiori rappresentanti attuali della musica scandinava, soprattutto corale, “Lux Aurumque” dell’americano Eric Whitacre, e infine “Cantate Domino” di Claudio Monteverdi. Seducente è risultato lo stile dell’autore americano frutto di un sincretismo fra lo stile arcaico della musica polifonica e la modernità e levigatezza di una musica quasi filmica. Esultante è poi risuonato il brano monteverdiano, il mottetto che l’autore adattò dal Salmo 98, il cui testo è stato spesso utilizzato nel periodo natalizio per la celebrazione della “nuova canzone” rappresentata da Cristo. La perfetta calibratura di contrappunto e omoritmia, così come la gioiosità delle figurazioni, in qualche punto, quasi di danza, sono scaturite da un’esecuzione affiatata e calorosa. Altro carattere ha improntato la seconda parte del concerto, nei trascinanti stili blues, spiritual, swing e jazz della musica afro-ameiricana, che ha visto il gruppo americano esibirsi ora da solo ora nella compagine più ampia data dalla fusione con i Laeti cantores. Suggestivi e avvincenti i brani proposti, nei ritmi e nell’emergere qua e là sulla prevalente coralità di qualche toccante “a solo vocale” : il tradizionale “Spiritual Medley”, “Draw Up The Water” da The Well di James Clemens, “City Called Heaven” arrangiato da Josephine Poelnitz, “Until I Reach My Home” nell’arrangiamento di Brandon A. Boyd, “Total Praise” di Richard Smallwood, “If You’re Happen/Amen” arrangiato da Andre Thomas. Tra lo spirituale ed il ‘divertente’ e ‘divertito’, il concerto ha lasciato al pubblico una positiva impronta di entusiasmo, apertura augurale al Natale.