Una Voce in salotto - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Una Voce in salotto

Una  Voce in salotto

Questa sera, nella Sala San Tommaso del Duomo di Salerno, alle ore 20, il terzo appuntamento della III edizione i “Concerti in Luci d’Artista”, firmata da Antonia Willburger, con il soprano Miriam Tortora e il pianista Giulio De Luca

 Di OLGA CHIEFFI

Terzo appuntamento oggi, per l’edizione 2017 di “Concerti in Luci d’Artista”, la sezione invernale dei “Concerti d’estate di Villa Guariglia in Tour” che quest’anno propone un percorso di otto appuntamenti. A firmarne l’organizzazione è il CTA di Salerno, l’Associazione “Amici dei Concerti di Villa Guariglia” in collaborazione con il Conservatorio di Musica “Giuseppe Martucci” di Salerno ed il contributo e patrocinio del Comune di Salerno. Il fil rouge della rassegna sembra essere quest’anno la vocalità. Dopo il debutto dei simpatici 4 ever Tenors e la presentazione dei diversi volti della musica corale, sarà il soprano Miriam Tortora, in duo con il pianista Giulio De Luca a ad evocare arie e personaggi del bel canto italiano, protagonisti di un recital ospite della Sala San Tommaso del Duomo di Salerno, che saluterà l’apparizione della Leonora del Trovatore, di Liù e Lucrezia Borgia, per quindi inviare un acquerello fin de siecle da Napoli. Stasera, alle ore 20, i riflettori si accenderanno sulla Leonora del Trovatore di Giuseppe Verdi con la sua aria “D’amor sull’ali rosee”. La devota e sincera Leonora, non attende spiegazioni per sacrificarsi al suo Manrico, sublimazione di un affetto reso dalla vocalità in ogni fibra, sia nel delicato stupore, sia nella dignità veemente di supreme decisioni. S’avanzerà quindi Liù, direttamente dalla Pechino fiabesca di Turandot, sul filo pauroso delle sue due arie “Signore ascolta” e “Tu che di gel sei cinta”. L’umile schiava, piccola e debole, è la poesia dell’amore nella sua forma più pura: dona la sua vita perché l’uomo che ama possa amare non lei, ma un’altra donna. Liù prima di morire parla a Turandot come se si rivolgesse ad una sua pari: le distanze sociali e anche caratteriali sono come annullate; per pochi istanti Liù sovrasta Turandot, perché ha una coscienza e una conoscenza superiore che le viene proprio dall’Amore, quella cosa che ancora Turandot non conosce, e non vuole conoscere. La prima parte della serata verrà chiusa dalla soave aria di sortita di Lucrezia Borgia “Com’è bello!…Quale incanto”, in due strofe, uno splendido cantabile sinceramente toccante, ricco di colori squisiti e di filati raffinati che raggiunge una drammaticità notevole. Seconda parte del programma dedicato interamente alla sirena Partenope sull’onda sonora delle melodie napoletane che sono parte del nostro più intimo sentire, da Passione, un grande successo della Piedigrotta del 1934, a Marechiare, datata 1985 e la sua celebre fenesta, che indusse un oste a costruire ad arte la scena a beneficio dei turisti, per alimentare la leggenda della fenestella e del garofano int’ ‘a na testa, passando per ‘ A vucchella, del 1903, la scommessa dell’ “immaginifico” Gabriele D’Annunzio seduto ai tavolini del Gran caffè Gambrinus, vinta a spese di Ferdinando Russo che sfidò l’ abruzzese, a scrivere dei versi in lingua napoletana, e ancora “I’ te vurria vasà”, d’inizio secolo scorso, descrive un momento di intimità tra due amanti in un giardino profumato di malvarosa, poco prima dell’alba, attraversato da un refolo di vento. Il poeta veglia la propria donna addormentata, combattuto tra il desiderio di svegliarla con un bacio e la mancanza del coraggio necessario a rompere quel momento d’incanto. Finale con ‘O sole mio, simbolo e inno di Napoli, nata ad Odessa nel 1898, eseguita al posto della marcia reale avendone smarrito lo spartito, alle Olimpiadi di Anversa nel 1920, nel corso della cerimonia d’apertura, musiche e versi queste che con i loro contenuti hanno raccontato semplicità ed erotismo, esoterismo e magia, rituali sacri e profani, feste popolari in cui le suggestioni, le intonazioni, le evocazioni di un vernacolo che è più una lingua che un dialetto, si trasforma in un canto ora dolente, ora euforico, capace di esprimere l’eterno incanto dei sensi di questa magica città.