Aliberti. I due anni di indagine su politica e diversi clan - Le Cronache
Cronaca Giudiziaria

Aliberti. I due anni di indagine su politica e diversi clan

Aliberti. I due anni di indagine su politica e diversi clan

Adriano Falanga

SCAFATI. Era l’alba del 18 settembre 2015, quando gli uomini della Dia bussarono alle due villette della famiglia Aliberti. Furono notificati gli avvisi di garanzia all’allora sindaco Pasquale Aliberti, alla moglie consigliere regionale Monica Paolino, al fratello imprenditore Nello Maurizio, allo staffista Giovanni Cozzolino, alla segretaria comunale Immacolata Di Saia. Il 22 marzo 2016 arriva a Palazzo Mayer la commissione d’accesso prefettizia. Resterà sull’Ente per sei mesi, fino al 22 settembre 2016. Nel mese di giungo 2016 il pm Montemurro chiede la misura restrittiva e cautelare degli arresti per i fratelli Aliberti. Il Gip Donatella Mancini respinge, derubricando il reato di voto di scambio a corruzione elettorale, che non prevede gli arresti. La Procura Antimafia ricorre in Appello, il Tribunale del Riesame di Salerno si pronuncerà il 25 novembre 2016. La triade di giudici non solo accoglierà la richiesta dell’antimafia, ma restituirà un profilo giudiziario più grave di quello redatto dagli inquirenti. Alla sentenza del riesame il collegio difensivo degli Aliberti annuncia il ricorso in Cassazione. Il primo cittadino si dimette, il 20 dicembre arriva il prefetto Vittorio Saladino per guidare l’ente come commissario ordinario. Il 27 gennaio 2017 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella firmerà il decreto di scioglimento per infiltrazioni criminali. Arriva la triade commissariale per la gestione straordinaria dell’ente. Un incarico previsto nella durata di 18 mesi, e affidato al Prefetto Gerardina Basilicata, al vice prefetto Maria De Angelis e al funzionario ministeriale Augusto Polito. Il 7 marzo 2017 la Corte di Cassazione nega gli arresti accogliendo parzialmente il ricorso del collegio difensivo. Il caso ritorna al riesame, dovrà motivare il perché si ritiene necessaria la misura degli arresti in carcere, piuttosto che un’altra misura restrittiva, come il braccialetto elettronico. Confermato però l’impianto accusatorio, ritenendo significativo il quadro probatorio del voto di scambio politico mafioso.