Scafati. Omicidio Faucitano. Procurarono la moto ai killer: presi. La ricostruzione del delitto e del movente - Le Cronache
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Scafati. Omicidio Faucitano. Procurarono la moto ai killer: presi. La ricostruzione del delitto e del movente

«Ci hanno fatto un morto!»: il morto è Armando Faucitano, l’uomo ucciso il 26 aprile scorso. A raccontarlo è il giovane che ha ‘preparato’ la moto utilizzata per l’agguato in Piazza Falcone e Borsellino. Si chiama Giovanni Crocetta Barbato di Scafati, ha 22 anni ed è stato fermato per ordine della Dda di Salerno con l’accusa di riciclaggio, insieme a Gaetano Esposito, alias Ninotto, 34 anni di Boscoreale accusato di ricettazione e concorso in omicidio.
A tradire i due una targhetta metallica rinvenuta sulla Honda Sh di colore nero, utilizzata per l’agguato e ritrovata il 27 aprile scorso nel rio Sguazzatorio tra Scafati e Angri. Barbato e Esposito sono stati fermati per ordine della DDA con l’accusa di riciclaggio il 15 luglio scorso e ieri mattina sono comparsi dinanzi al giudice per le indagini preliminari, Paolo Valiante, per la convalida del fermo. Il Gip non ha convalidato il provvedimento emesso dal sostituto procuratore Giancarlo Russo ed ha applicato un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per i due indagati, assistiti dagli avvocati Guido Sciacca e Antonio Raiola.
Coinvolti a pieno titolo nelle fasi preparatorie dell’omicidio di Armando Faucitano, trucidato da due killer in piazzetta Genova la mattina del 26 aprile. I carabinieri del reparto Territoriale di Nocera Inferiore e del Comando provinciale di Salerno sono risaliti ai due, ricostruendo anche una serie di legami tra giovani pregiudicati della zona scafatese e boschese che si muovono nell’ambito del traffico di stupefacenti. Legami con organizzazioni criminali agguerrite e pericolose capaci di punizioni esemplari hanno decretato la morte di Armando Faucitano.
A tradire Barbato e Esposito una targhetta di un ciclomotore ‘legale’ ceduto dal proprietario proprio a Barbato e utilizzato, insieme a due moto dello stesso modello e marca rubate a Salerno e Santa Maria la Carità, per l’assemblaggio dell’Sh utilizzato per l’agguato. Attraverso una targhetta – dimenticata dai riciclatori – i carabinieri sono risaliti all’Honda ceduta da un giovane boschese a Giovanni Barbato Crocetta a fronte di un compenso mai incassato. L’Honda Sh viene poi ceduta a tale Peppe ‘o nir, al secolo Giuseppe Alfano, noto alle cronache giudiziarie per essere stato arrestato alla fine di febbraio scorso per il pestaggio e il sequestro di persona di un polacco avvenuto a Marra, al confine tra Scafati e Boscoreale. Dopo l’arresto di Alfano la moto ‘legale’ per la quale non è stata mai sporta denuncia di furto viene utilizzata per assemblare l’Sh nero dei killer. A confessare indirettamente cosa avvenne nella fase preparatoria dell’omicidio i protagonisti della vicenda, Barbato e Giuseppe Alfano, che vengono intercettati nella caserma dei carabinieri dove vengono messi nella stessa stanza in attesa dell’interrogatorio per chiarire la vicenda. Videoripresi e intercettati i due raccontano e cercano – ognuno per suo conto – di tirarsi fuori dai guai. Alfano, all’epoca dell’omicidio detenuto a Poggioreale, invita Barbato a raccontare la verità e cioè di aver ‘pezzottato’ il mezzo. Barbato cerca di depistare gli inquirenti, raccontando versioni che coinvolgono altri e che servono a tirarlo fuori dai guai. Non teme la giustizia ma le ritorsioni che i killer di Faucitano potrebbero fare a lui e al suo intermediario, Ninotto Esposito, per aver sbagliato il ‘pezzotto’ per essersi fatti scoprire. Qualcuno lo minaccia. Glielo ha detto Esposito che conosceva qual era la finalità di quella moto poi ritrovata semi-sommersa tra le canne. Esposito, secondo gli inquirenti, sapeva dell’omicidio tanto che risulta formalmente indagato nell’ambito dell’indagine per l’omicidio Faucitano. Barbato, secondo l’accusa, in concorso con altre persone in corso di identificazione, avrebbe riciclato i pezzi di tre moto simili, assemblando quella utilizzata per l’agguato. Quella moto è stata ripresa dalle telecamere di sorveglianza del distributore di benzina, situato in via Alcide De Gasperi, nei pressi del Blu bar, il locale dove era stata la vittima pochi minuti prima della morte. Due persone, in sella alla Honda Sh nero, tre minuti dopo che Faucitano si è allontanato per dirigersi verso Piazzetta Genova, seguono la vittima. Killer vestiti di bianco, con caschi integrali, sono pronti ad agire. Quella moto viene riconosciuta da alcuni testimoni oculari come quella ritrovata nel rio Sguazzatorio. E Barbato sa che ‘Ci hanno fatto un morto!’ conosce i nomi dei mandanti e forse anche dei killer ed ha paura per la sua vita e quella dei suoi familiari. Teme ritorsioni per essersi fatto scoprire per quella ‘targhetta’ non rimossa. Un errore imperdonabile che ha scompigliato i piani di mandanti e killer. Ieri mattina, ne Giovanni Barbato, ne Gaetano Esposito hanno voluto parlare dinanzi al Gip. Sono ai domiciliari, sorvegliati dal braccialetto elettronico. E sono coinvolti in una storia con intrecci davvero pericolosi.
Francesco Giordano

 

Gli arrestati

Gaetano Esposito, alias Ninotto e Giovanni Barbato Crocetta parteciparono alle fasi organizzative dell’omicidio Faucitano, rispondendo agli ordini superiori di mandanti e killer. L’omicidio maturò nell’ambito della gestione della piazza di spaccio di Scafati, in un patto criminale tra le cosche scafatesi e boschesi. Gli inquirenti sono ad una svolta pe dare un volto e un nome ai killer del pregiudicato 46enne freddato sotto gli occhi di alcuni testimoni oculari e dell’amico, rimasto indenne, che ha un ruolo particolare in tutta la vicenda: ricostruiti i legami con la mala boschese

 

Barbato incastrato dall’intercettazione ambientale in caserma
Giovanni Barbato che mima l’uccisione di Armando Faucitano: le mani a indicare le pistole e poi il corpo disteso tra due panche. Peppe ‘o nir, al secolo Giuseppe Alfano che lo invita dire la verità tanto non passerà un guaio grosso è ricettazione, e Barbato che ha paura di essere ucciso per aver sbagliato il ‘pezzotto’ e per essere stato scoperto dai carabinieri. Giuseppe Alfano viene messo a confronto con il suo amico in una stanza della caserma dei carabinieri: i due non sanno di essere videoripresi e ascoltati dai carabinieri. Barbato ha provato a depistare le forze dell’ordine: gli ‘amici’ appena hanno saputo che aveva addosso le forze dell’ordine gli hanno mandato qualcuno sotto casa ad ‘appostarlo’. Teme di essere elimininato per essere stato incauto. Poi, nel giro di pochi giorni finisce in cella, prima a Fuorni, poi ai domiciliari. Barbato e Alfano Giuseppe involontariamente permettono agli inquirenti di ricostruire le fasi preparatorie dell’omicidio Faucitano. Con Gaetano Esposito, detto Ninotto, pregiudicato per spaccio che sapeva a cosa serviva quell’Sh ‘pezzottato’. Esposito è formalmente indagato per concorso in omicidio volontario. Agli inquirenti non resta che chiudere il cerchio intorno a mandanti ed esecutori. Il movente: la droga. Il delitto: quello di Armando Faucitano maturato negli ambienti criminali di Boscoreale e Scafati.