Il ritorno di Martha Argerich - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Il ritorno di Martha Argerich

Il ritorno di Martha Argerich

Il settembre del Ravello festival regala alla esigente platea di Villa Rufolo, forse uno degli ultimi concerti della pianista Martha Argerich, la quale, a 73 anni ha rivelato in un’intervista rilasciata alla rivista Suonare di meditare il ritiro e dedicarsi ai nipotini. Domenica la pianista si presenterà quale madrina della Neojiba Orchestra, la formazione giovanile dello Stato di Bahia, diretta da Ricardo Castro, nata sulle tracce del famoso “El Sistema” venezuelano ideato da Josè Antonio Abreu, dopo aver lanciato nel 2012 all’auditorium Niemeyer i Bohemian Virtuosi. Domani sera, alle ore 19,55, i riflettori si accenderanno sul palcoscenico di Ravello per illuminare il gran coda, al quale si assiderà la Argerich per dedicare alla memoria di Claudio Abbado, uno dei suoi cavalli di battaglia, il concerto in Si bemolle op.23 di Petr Il’ic Cajkovskij, composto e revisionato tra il 1874 e il 1879. I concerti per pianoforte che pareggiano la popolarità di quest’opera si contano sulle dita di una mano. Dalla melodia della imponente introduzione che è un vero e proprio tema con prima variazione, cadenza, seconda variazione e coda, fino alla melodia esposta dapprima dal flauto nel secondo movimento, e fino al secondo tema del finale, che viene portato all’apoteosi nella coda, è tutto un insieme di punti culminanti in una caleidoscopica varietà di atteggiamenti espressivi. Un uso consolidato, che partiva addirittura da Haydn, riguardava l’inserimento di temi popolari nei finali dei concerti. Cajkovskij non solo segue quest’uso, ma su di una canzone popolare ucraina, basa il primo tema del primo movimento. E la parte centrale del secondo, su di una canzonetta francese molto popolare in Russia, “Bisogna divertirsi, danzare e ridere”. Il concerto op.23, il cosiddetto concerto “russo”, che divenne popolarissimo in breve volger di tempo, diventava così un manifesto del diritto che la Russia avanzava ad allargare con la sua presenza il club delle grandi civiltà musicali che comprendeva all’epoca, Francia, Germania e Italia. L’orchestra, proporrà, poi, la quarta bachiana Brasileira composta dal brasiliano Heitor Villa-Lobos, che prevede quattro movimenti Preludio, Corale, Aria e Danza. Le buone intenzioni e l’impegno a testimoniare l’amore per Bach, portano Villa-Lobos lontano dal suo humus caratteristico e gli consentono di essere simpaticamente se stesso unicamente nella incantevole danza. Ricardo Castro per concludere il programma ha scelto le Symphonic Dance di “West Side Story” opera certamente più conosciuta di Leonard Bernstein, accolta con favore dal pubblico e con perplessità dalla critica ufficiale per la tragicità della vicenda, e quindi, in contrasto con la spensieratezza e la leggerezza del musical commerciale di Broadway. Le Symphonic Dances, che sono di comune esecuzione per gli allegri ritmi latini tra le orchestre giovanili sud-americane, furono presentate nel 1961, per un gala. E’ una suite orchestrale formata da sette brani preceduti e conclusi, rispettivamente, da un Prologo (Allegro moderato) e da un Finale (Adagio). Dopo il Prologo, dove figure secche e dure delineano l’atmosfera nella quale si svolgerà la vicenda, si dispiega la melodia di “Somewhere”, uno dei momenti più lirici della partitura, affidato, dapprima, agli archi, per poi coinvolgere tutte le sezioni in un crescendo che, pur concedendo qualcosa all’effetto è di innegabile fascino. Segue un’ampia sezione di danze alla quale il trattamento sinfonico conferisce un piglio ancor più trascinante, soprattutto nel Mambo e nel Cha-Cha-Cha che contiene un’altra pagina di struggente melodismo, “Maria”, sullo sfondo della prima parte della Meeting Scene. L’ampio Allegretto di Cool Fugue, si riferisce al song di Riff “Boy,boy, crazy boys”, che sfocia nel drammatico Rumble, racchiudente in rapidissima sequenza le morti di Bernardo e di Tony. La suite si chiude con un canto di speranza, sia pure dolente: nel Finale marcato Adagio, gli archi divisi ripropongono il tema di “Somewhere there’s a place for us”.
Olga Chieffi