L’università del futuro: Minerva Project - Le Cronache
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L’università del futuro: Minerva Project

L’università del  futuro:  Minerva Project

San Francisco. Sono 33 gli studenti fortunati che testano un ambizioso esperimento universitario, in un istituto privato che offre corsi di studio mirando all’uso della tecnologia.

Il progetto è di un giovane imprenditore californiano, Ben Nelson, 39 anni,che mira ad un’evoluzione delle università, se tutto sta cambiando anche questa deve essere al passo.

Minerva non ha un campus. Niente biblioteche, palestre, teatri. Nessuna delle enormi infrastrutture che rendono le università americane famose nel mondo. Non ha nemmeno delle aule.

Solo un dormitorio e degli uffici amministrativi, il resto avviene attraverso una piattaforma realizzata per seguirei corsi di studio interattivi.

Gli studenti possono accedervi con i loro computer e possono farlo dalle loro stanze, ma anche dal bar, ovunque si trovino.

Questo progetto mira a diversi vantaggi: mantenere le proprie strutture fisiche al minimo, Minerva fa fronte a costi inferiori rispetto ai competitori e può quindi offrire tariffe di iscrizione più basse, i professori hanno la possibilità di vivere dove preferiscono, dovendo essi attrezzarsi semplicemente di una connessione a Internet per fare il proprio lavoro.

Minerva vuole invece competere con le più prestigiose università.

Van der Meer (managing director di Minerva per l’Europa) afferma che i corsi sono molto diversi da quelli delle altre università online in quanto tutto avviene in tempo reale e l’insegnamento si struttura attraverso seminari aperti a un massimo di 19 studenti, durante i quali si potrà discutere con gli insegnanti chiedendo chiarimenti sui programmi e facendo propri i contenuti studiati.

Niente più professori che fanno lezione in maniera tradizionale, agli studenti di Minerva è richiesto che apprendano il materiale oggetto di studio indipendentemente, al di fuori delle ore di corso, sfruttando la grande quantità di risorse che sono oggi disponibili a tutti (ad esempio il web in generale, libri di testo e riviste specializzate) che rendono del tutto superfluo il ruolo del docente vecchio stampo, quello che trasmette le proprie conoscenze in modo meccanico. “La nostra filosofia è che chiunque può prendere in mano un libro e imparare una materia – spiega van der Meer – quindi concentriamo i nostri sforzi sullo sviluppo di abilità come il pensiero critico e il problem solving, per dare ai ragazzi i giusti mezzi per pensare, le giuste abitudini mentali”.

Dopo un primo anno in cui tutti sono tenuti a seguire solo quattro corsi di impianto generalista chiamati cornerstone (un po’ come dire “pilastri”) – Analisi Formali, Sistemi Complessi, Comunicazioni Multimodali e Analisi Empiriche – al secondo anno gli iscritti scelgono l’area in cui specializzarsi tra cinque offerte, Business, Scienze sociali, Lettere e Arti, Scienze naturali e Scienze informatiche.

Gli studenti sono reclutati equamente da tutto il mondo, con la classe iniziale di 33 , che rappresenta 13 diverse nazionalità, è itinerante.

Dopo i primi due semestri passati a San Francisco, gli iscritti si trasferiscono prima a Buenos Aires e poi a Berlino. Le destinazioni per il terzo e quarto anno non sono ancora state fissate ufficialmente, ma si prevede rispettivamente Mumbai, Hong Kong, Londra e New York. Insomma metropoli piene di opportunità, dato che Minerva è la città stessa a fare da campus agli studenti.

Oggi questo nuovo ateneo, che è già ufficialmente accreditato attraverso la partnership con il Keck Graduate Institute, un istituto di ricerca post-universitario in California, sta muovendo solo i primissimi passi ed è decisamente presto per dire se le ambizioni di Nelson saranno mai realizzate. Grazie a un investimento di 25 milioni di dollari ricevuto nel 2012 da parte della società Benchmark Capital, Minerva ha deciso di far studiare gratuitamente i primi 33 studenti, che faranno un po’ da cavie di laboratorio. Ma dall’anno prossimo, ha in programma di aprire le porte ad almeno 250 nuovi iscritti paganti. Un progetto futuristico senz’altro interessante.

 

di Letizia Giugliano