Voci di primavera: i fiori di Mario Carotenuto - Le Cronache
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Voci di primavera: i fiori di Mario Carotenuto

Voci di primavera: i fiori di Mario Carotenuto

Bellezza, fragilità, profumo, mistero: i fiori hanno rappresentato da sempre una inesauribile fonte d’ispirazione e un motivo di studio, canto, creazione,  per gli artisti di tutte le epoche e latitudini. Coltivati o spontanei , in giardini raffinati o in splendidi scenari di parchi naturali, in popolose città o in aridi deserti, ai piedi di modesti edifici o a fianco di antichi castelli o di resti archeologici, i fiori sono protagonisti della nostra vita ci accompagnano silenziosi e vividi  muti testimoni delle nostre vicende quotidiane, degli onomastici e degli anniversari e di tutte le ricorrenze implacabili della nostra esistenza. Forse, i fiori sono il modo più semplice e immediato con cui un poeta o un pittore può evocare la natura, quel particolare rapporto spirituale tra l’uomo e l’architettura del creato, sia quando essa è lasciata ai suoi ritmi e alle sue leggi, sia quando viene plasmata e modificata strutturalmente dai segni dell’uomo, si trovano, implicitamente o esplicitamente, in ogni cultura e in ogni epoca, quali simboli stessi della vita. “Mario ha sempre amato dipingere fiori e in modo particolare fiori campestri, quelli che lui stesso raccoglieva nelle frequenti gite in costiera o a Tramonti. Eppure di questi fiori, – afferma Lelio Schiavone – non c’è mai stata traccia nelle numerose personali tenute in quarantasette anni di vita del “Catalogo”. La ragione vera di questa assenza è che, sempre, in un modo o nell’altro, sono riuscito ad escluderli ritenendoli a torto, un diversivo rispetto al tema della mostra in atto”. Da sabato sera, con opening previsto intorno alle ore 19, tra le mura della galleria Il Catalogo, attraverso quindici tele dedicate esclusivamente ai fiori, ri-scopriremo la sintassi pittorica di Mario Carotenuto, quella che procede dall’attesa dell’inatteso, come, ad esempio, nella tela “La caduta dei fiori”, della forma aperta da dare al reale, quella che nasce dalla disponibilità assoluta del soggetto, che emerge dalla sospensione e dallo stupore che si genera al suo apparire e al suo accadere, una sintassi che vuol cogliere, nelle cose e attraverso esse, quello sguardo magico che  sembrano lanciare, nell’atto di donarsi all’occhio dell’artista, che sembra volere afferrare quell’esatto momento, nel quale il soggetto invita da una sorta di visione dionisiaca con cui crea e “costituisce” lo spazio dei significati, come in “Autoritratto” in cui sono racchiusi i simboli del suo percorso pittorico punteggiato dalla leggerezza delle farfalle, uno spartito, una lampada e una clessidra, rappresentante la stessa vanitas dei fiori e dell’uomo,  consentendo la cattura del “senso”, nella sua realtà. Una mimesis, quella di Carotenuto, dove realtà e memoria coincidono, perché l’evento reale è caricato di memoria, e dove la realtà si piega all’immagine, per tramite del suo occhio, divenendo spazio semantico che si fa racconto. Tra questi fiori “negati”, “esiliati” per quasi un cinquantennio, che segnano quindi, un evento esclusivo per la galleria di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta, coglieremo inattese
dilatazioni spaziali, dai netti ripiegamenti, dalle impreviste dislocazioni
di elementi focalizzanti, dagli improvvisi scarti ritmici. La altissima qualità del
lavoro riscatta i confini ristretti del tema dell’esposizione, che rivelerà un autentico colorista, il quale riesce a comunicare magistralmente la poesia delle cose semplici dell’esperienza visiva
quotidiana e più confidenziale, recuperando il “respiro”, oltre qualsiasi
misura temporale e spaziale, in un’emozione di leggerezza, caratteristica di
un colore ben orchestrato. Riscopriremo un artista, rimasto fedele alla sua originaria
scelta di campo, ossia a una pittura comunque figurativa capace di
rinnovarsi senza perdere il senso della continuità con la grande tradizione
italiana, trovando al proprio interno le forme idonee ad esprimere i sottili
moti dell’animo, allo specchio di una bellezza non ideale ed astratta, ma
poeticamente sensibile alle sollecitazioni della vita e del tempo.

Olga Chieffi